Festival di Sanremo, Pacifico si racconta: "Vanoni è la mia musa, Malika cantautrice vera"

L'artista è autore di due canzoni in gara sul palco del Teatro Ariston

Luigi “Gino” De Crescenzo, nome d’arte Pacifico

Luigi “Gino” De Crescenzo, nome d’arte Pacifico

Milano, 28 febbraio 2021 - Cosa significhi per un autore mettere le proprie suggestioni nel “salotto buono” della canzone italiana e sentirsi cantare da una voce epocale, Pacifico l’ha scoperto scrivendo per Ornella Vanoni. L’ultimo risultato di questo incontro è quella “Un sorriso dentro al pianto” che la Signora duetta a Sanremo sabato prossimo con Francesco Gabbani. Sanremo ricco per il cantautore milanese, al secolo Luigi “Gino” De Crescenzo, che al Festival cofirma pure i pezzi in gara di Malika Ayane e degli Extraliscio.

Pacifico, i precedenti di un’interprete come la Vanoni fanno paura? "Quando Gabbani me l’ha inviato, il pezzo era già bello, ma nel momento in cui Ornella l’ha fatto suo, per il significato che prendono le parole in bocca un artista così e per il vissuto che riesce a metterci dentro, è diventato ancor più importante". Non esiste la formula di una canzone di successo, quindi quando questo accade a cosa si deve? "Quella che va dal Dopoguerra alla fine del secolo è stata un’epoca veramente straordinaria per la canzone italiana. E mi sono reso conto che quando riesci ad incrociare la strada di un grande artista che arriva da lì le tue capacità si moltiplicano". Perché? "Perché allora i capolavori nascevano da un contagio virtuoso fra autori e interpreti che finiva col creare un’alchimia magica. Ricordo che quando scrissi ‘Le mie parole’ Dalla mi disse: “È un pezzo così riuscito che nella vita ti succederà solo altre due volte”. Aveva ragione, anche se, a lui, è accaduto molto più di tre volte". Sentire la Vanoni tornare a cantare un grande successo è stato un po’ tornare indietro nel tempo e quindi dietro il favore con cui è stata accolta “Un sorriso dentro al pianto” c’è forse anche una componente affettiva. "Oggi la gente è meno abituata a sentire canzoni con quel tipo di scrittura, con quelle aperture che solo pochi artisti possono permettersi. Quindi c’è stato probabilmente pure un effetto sorpresa. Diciamo una riscossa della miglior tradizione. D’altronde Ornella è una specie di musa che ti evoca suggestioni e memorie straordinarie". Che differenza c’è tra lo scrivere per Ornella e farlo con Malika? "Malika è diventata nel tempo una cantautrice, mentre Ornella no anche se il suo giudizio pesa tantissimo, col gusto e l’esperienza che si ritrova le basta mezza parola per indirizzarti qua o là. Sa benissimo cos’è la poesia, perché l’ha frequentata a livelli altissimi, quindi non la conquisti certo con verso ad effetto o con un aggettivo". Malika lei la conosce da sempre. "Ricordo ancora il nostro primo incontro, organizzato da Caterina Caselli in un parco di Milano; anche se al tempo si manteneva facendo ancora lavori di fortuna, quando la vidi arrivare da lontano sotto un eccentrico cappello formato Ascot con la tesa di un metro era già lei, la Malika che conosciamo. Ha una fortissima personalità, e a livello autorale, il mio con lei è un lavoro solo di sostegno".  

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