Enrico Brignano sul palco del Forum di Assago: "Sono innamorato perso della vita"

Due serate per il super one-man show

Enrico Brignano in 'Innamorato perso'

Enrico Brignano in 'Innamorato perso'

Milano, 15 gennaio 2019 -  «C’è bisogno d’amore sai zio? Di una donna, di un uomo e di un cane...». Bei tempi con Zucchero. E con un’overdose d’amore. Quella che senza dubbio rischia Enrico Brignano, visto che si dichiara “Innamorato perso”, il 17 e il 18 sul palco del Forum di Assago. Orizzonte da rockstar. Ma evidentemente funziona sempre il sorriso sornione di questo ragazzo di Roma, allievo di Proietti, golden boy della comicità. Qui con un super oneman show scritto insieme a Mario Scaletta, Riccardo Cassini, Manuela D’Angelo e Luciano Federico. Dove si intrecciano canti, balli, monologhi e quant’altro.

Brignano, ma quindi di cosa è innamorato?

«Di tutto. È un qualcosa che va oltre, sono passioni viscerali. Alla mia età inizio a fare i conti con i sogni, i desideri inespressi, le cose belle e quelle brutte della mia vita. È un po’ come se avessi mangiato il primo e ora fossi lì a domandarmi: cosa scelgo di secondo?».

Cosa propone il menù?

«Di continuare a parlare con leggerezza nonostante questo periodo storico non lasci spazio all’amore. E così rispondo con i miei sentimenti verso il lavoro, la carriera, gli spettatori. Ma ci sono ovviamente anche la mia compagna e mia figlia di due anni, che mi sembra sempre sia nata ieri. Sono poi innamorato perso della mia città e di questo paese, che speriamo presto di ritrovare su una strada migliore, che non si lasci accecare dall’odio e dalle follie razziali, sappiamo bene a cosa portano».

Il teatro può essere un baluardo?

«Magari lo fosse. Magari riuscisse a dare un senso di appartenenza come quando siamo allo stadio. Ma io vedo invece che i teatri vengono chiusi. Fortunatamente quando esco sul palco trovo davanti a me 6/7 mila persone. A volte mi domando se sono davvero lì tutti per me o se ora se ne torneranno a casa, dopo aver visto una partita di basket o il concerto di un gruppo rock».

Lei sembra più che altro innamorato della vita.

«Ma sì, ho i miei momenti, come tutti. Anche Madre Teresa ce li aveva, perfino Gandhi. Ma far divertire tutta questa gente è un privilegio che non ha prezzo. Mi fa stare bene e mi rendo conto che parliamo la stessa lingua».

Cosa succede sul palco?

«C’è uno spazio gigantesco che riempio con qualsiasi cosa. Abbiamo pure una grande sigla che introduce lo show. E poi cerco di fare quello che mi viene meglio, sedurre le persone con le parole. Inizio a parlare, inseguendo il filo rosso dell’innamoramento. Ma in quello che racconto credo che si ritrovino in tanti».

Quanto c’è degli insegnamenti del suo maestro Gigi Proietti?

«Credo ci sia tutto. L’ho chiamato dopo Natale, in quei giorni Roma era tappezzata con i nostri manifesti, abbiamo fatto spettacolo in due spazi diversi ma era un po’ come essere uno accanto all’altro. Mi ha insegnato il mestiere e una volta che lo impari non lo molli più. Devo ringraziare lui e la mia abnegazione».

Cosa si augura per i prossimi anni?

«Quello che si stanno augurando tutti: che questo paese cambi, torni padrone del proprio destino senza essere condizionato dall’odio e dalla paura. Vorrei che l’Italia si dimostrasse meno schizofrenica e credesse maggiormente in se stessa, scegliendo la pace. Da genitore ti direi anche l’amore ma ho un po’ di pudore a darlo in pasto a gente che non ne vuole sentire parlare».

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