Emis Killa & Jake La Furia insieme: se prendi i rapper alla lettera sei finito

Dopo anni di carriera alle spalle e collaborazioni di successo esce “17”: in copertina un fungo atomico sulla Stazione Centrale, richiamo al Covid: chissà quanto dovremo aspettare prima di salire sul palco

Jacke La Furia ed Emis Killa

Jacke La Furia ed Emis Killa

Milano, 18 settembre 2020 -  Fungo atomico sulla Stazione Centrale. È una Milano da dopo-bomba quella vagheggiata da Emis Killa & Jacke La Furia sulla copertina di “17”, primo progetto organico della coppia dopo una raffica di collaborazioni in cui spiccano le fortunate “Di tutti i colori”, “Non è facile”, “Fuoco e Benzina”. Due cavalieri dell’apocalisse al galoppo tra le rovine di una Via Vittor Pisani messa a ferro e fuoco dall’orda distruttiva dei tempi col sostegno di scudieri senza macchia e senza paura quali Massimo Pericolo, Lazza, Tedua, Fabri Fibra e Salmo. Giambelli & Vigorelli, pardon Killa & La Furia, giurano che la deflagrazione della copertina non è frutto solo delle loro più catastrofiche fantasie grafiche, ma ha un nome preciso, anzi un acronimo: Covid-19. "L’album avrebbe dovuto uscire il 17 aprile, ma causa pandemia arriva sul mercato solo ora e, anche se non stiamo nella pelle dalla voglia di andare in tour, dovremo aspettare chissà quanto prima di salire sui palcoscenici… più disastroso di così…”, allarga le braccia Francesco-Jake.

Visto che collaborate da più di un decennio, ci avete pensato bene prima di mettervi assieme. "Avendo carriere solistiche piuttosto consolidate, abbiamo dovuto trovare un modus vivendi. E quando siamo riusciti ad unire le forze… è arrivato il Covid".

Perché “17”? E perché ve lo siete tatuati entrambi accanto all’occhio sinistro? "Perché io ho due figli ed Emis una figlia che sono nati tutti e tre il giorno 17 anche se in mesi e anni diversi".

E l’idea dell’ambientazione da dopo-bomba della copertina? "Avevamo scattato le foto a cavallo con l’intenzione di usarle graficamente per “cavalcare” un mondo di tarocchi e superstizioni; poi è arrivata la pandemia e abbiamo capito che era quella per dei cavalieri la sfida da vincere".

Citate “eroi” della mala come Vallanzasca, Turatello, Bergamelli. "Per costruire le sue storie il rap americano, così come cinema e letteratura, ricorre molto alle figure delinquenziali del passato. Senza glorificare nulla, perché non c’è nulla da glorificare, io ed Emis abbiamo provato a fare lo stesso, “attratti” da un mondo del crimine forse un po’ più romantico e romanzato di quello attuale".

Lei produce Chadia Rodriguez che rappa gli abusi di questa società maschilista, ma poi in “Broken language” saltano fuori rime come “Darei 2 colpi alla tua tipa ma appena apre bocca / le darei 2 colpi in testa fra con uno shotgun. "Il linguaggio calca spesso la mano usando una violenza pantografata come sua forma di comunicazione. Se prendi i rapper alla lettera sei finito".

Già, ma c’erano pure dei trapper nella banda che a Pisticci ha violentato le due minorenni inglesi . "Il vuoto che certa gente si porta dentro prescinde dal rap o dalla trap. Se per certe brutalità si punta il dito sul rap allora bisognerebbe puntarlo pure sul cinema, videogames, e letteratura. E invece questa è solo gente che ha la m… nel cervello".

Se “17” fosse un film, da chi lo farebbe dirigere? "Chris Nolan, ma trovo “17” abbastanza “colto” per lui. Quindi meglio Guy Richie".

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