La musica Dirotta (ancora) Su Cuba: Stefano e Simona a tutto tondo tra passato e presente

Dopo 30 anni di carriera, separazione e reunion, il nuovo disco della band

I Dirotta su Cuba con il nostro direttore Sandro Neri

I Dirotta su Cuba con il nostro direttore Sandro Neri

Milano, 22 gennaio 2019 - Venticinque anni dopo “Gelosia” è ancora tempo di Dirotta Su Cuba. “Good things” è, infatti, la nuova esplosione funky della band fiorentina che Simona Bencini e Stefano De Donato hanno presentato ieri alla redazione de “Il Giorno”, in diretta Facebook, nell’attesa di farlo sabato prossimo sul palco del Blue Note affiancati da Francesco Cherubini alla batteria, Andrea De Donato alle tastiere, Daniele Vettori alla chitarra e Marco Caponi al sax.

Com’è cominciata l’avventura di “Good things”?

De Donato: «Con una tragedia. Mi sono svegliato una mattina e ho capito che il singolo su cui stavamo iniziando a costruire il nuovo album non era quello giusto. Il nostro percorso professionale, infatti, ci ha spinto verso una qualità musicale molto alta e ci sentiamo estremamente responsabili di quel che facciamo. Così, nel giro di pochi giorni, abbiamo accantonato il pezzo in questione per lavorare ad altro, poi siamo volati a Londra dove ci siamo resi conto di aver imboccato la strada giusta».

D’altronde il 2019 è un anno speciale, in cui festeggiate trent’anni di attività, il venticinquennale di “Gelosia” e il decimo anniversario dalla reunion che, dopo traversie varie, vi ha rimessi assieme nella formazione originale.

Bencini: «Già. Anche se oggi Rossano Gentili (sostituito alle tastiere dal fratello minore di De Donato) si limita a lavorare dietro le quinte, il trio è ancora quello di “Gelosia”».

De Donato: «Nell’89 suonavamo questo funk rivisitato, ma i discografici allora erano scettici perché non sapevano dove incasellarlo. Pure allora, però, Londra ci venne in soccorso immergendoci in una realtà (Jamiroquai, Incognito, Brand New Heavies) molto vicina a quella che vagheggiavamo qui in Italia, facendoci capire che stavamo andando nella direzione giusta. Rientrati alla base, tornammo a bussare alla porta dalle case discografiche con una consapevolezza in più: facevamo acid jazz!». Avanti rispetto ai tempi… Bencini: «Eravamo sintonizzati sulla lunghezza d’onda inglese senza saperlo. E il nostro valore aggiunto era fare quel tipo di musica in italiano. Oggi siamo ancora delle mosche bianche perché, nonostante rispetto agli anni Novanta il mondo della musica sia cambiato completamente, abbiamo un nostro pubblico che continua a seguirci con passione. Se l’acid oggi è una nicchia, continuiamo ad esserne i principali rappresentanti italiani».

Il nuovo singolo prelude ad un album?

Bencini: «Sì e sarà un disco in inglese, proprio come “Good things”; anche se con incursioni in italiano perché rimane la nostra lingua di riferimento. Dopo sei album in italiano pensiamo di potercelo permettere. E poi l’inglese ha sempre accompagnato la scrittura delle nostre canzoni». De Donato: «Siamo realmente un gruppo indie che, pur fatturando come tutte le aziende, non rientra in determinati meccanismi commerciali. Quindi non abbiamo scadenze e facciamo scelte ancora legate a fattori creativi e artistici. In passato sono state proprio le pressioni dell’industria a generare quei malesseri che hanno finito per allontanarci. Al momento della reunion abbiamo messo al primo punto del nuovo rapporto il principio di salvaguardare innanzitutto la nostra umanità».

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