David Byrne a Milano con "American Utopia": "Basta pessimismo"

Il fondatore dei Talking Heads si esibirà lunwedì 16 luglio agli Arcimboldi

David Byrne - Ravenna Festival

David Byrne - Ravenna Festival

Milano, 15 luglio 2018 - Parlando dei suoi capelli bianchi, David Byrne di godersi fino in fondo il preconcetto che un anziano signore sia incapace di fare cose folli o sbagliate. Già perché, a 66 anni, lo “stay foolish” di jobsiana memoria per un maestro del pensiero divergente come lui assomiglia tanto una regola di vita. Sia quando veste i panni del conferenziere per dispensare lezioni di felicità, come accaduto in gennaio alla Fondazione Prada, che quando s’inventa un sito web in cui collezionare "ragioni per essere di buon umore" o mette in cantiere "dieci fiabe distorte e distopiche che ogni adulto vorrebbe ascoltare prima di andare a dormire" come quelle raccolte tra i solchi di “American utopia”, l’album che lo deposita domani sul palco degli Arcimboldi con un concerto all’insegna di questa ritrovata leggerezza dell’essere.

Ma col passare del tempo il mestiere di sorprendere può comportare qualche rischio, soprattutto se non sei più quello dei Talking Heads o di “True stores”. Lui lo sa e, invece di ostinarsi a tentare il dribbling, prova a calciare la palla lontano con uno spettacolo lieve ed ammaliante, in cui i dodici musicisti di supporto suonano a piedi nudi creando coreografie a metà tra la marchin’ band e la timbalada portata in scena nel vecchio tour di “Rei Momo”. “American Utopia” è il primo disco solista da Byrne 14 anni a questa parte, escluse le collaborazioni con Fatboy Slim di “Here lies love”, con Brian Eno di “Everything that happens will happen today” e con St. Vincent di “Love this giant”. Anzi, pure questo lavoro avrebbe dovuto essere condiviso con Eno "poi, però, mi sono lasciato trasportare dall’ispirazione e ho iniziato a scrivere musica sulle parti di batteria che lui mi aveva inviato; alla fine Brian s’è reso conto che forse il lavoro era diventato più mio che suo e, molto generosamente, ha fatto un passo di lato" ha spiegato Byrne.

"American Utopia" è un disco di domande, prima ancora che di risposte. A cominciare da quella più decisiva di tutte: "Cosa significa essere umani oggi?". "Un paio di anni fa, ho iniziato a collezionare storie di cronaca che infondevano ottimismo come forma di autoterapia" ha spiegato l’uomo di “Remain in light”, che in scena non tralascia omaggi all’epopea Talking Heads recuperando cose come “Burning down the house” e quella “This must be the place (naive melody)” eseguita pure davanti alla telecamera di Paolo Sorrentino nel film omonimo con Sean Penn. "I titoli dei giornali mi deprimevano: erano pieni di violenza. Così, per restare sano di mente, ho avvertito il bisogno di conservare un filo di speranza sul futuro. I presagi erano pessimi, ma quando mi sono imbattuto in storie che raccontavano un mondo molto migliore di quello rappresentato da tanti media, mi sono chiesto se non fosse il caso di condividere quel materiale con un pubblico nella speranza che potesse dargli lo stesso sollievo che aveva dato a me. E così è stato".

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