Daniele Pollini: Milano come la musica, è per sempre

Pianista di fama come il padre Maurizio vive nella casa ereditata dal nonno architetto in San Lorenzo: "Un luogo ideale in cui compongo"

Daniele Pollini, classe 1978, figlio di Maurizio e come lui pianista di fama mondiale Il nonno era l’architetto Gino Pollini

Daniele Pollini, classe 1978, figlio di Maurizio e come lui pianista di fama mondiale Il nonno era l’architetto Gino Pollini

Milano, 8 aprile 2018 - Libero. Se si dovesse definire Daniele Pollini non ci sarebbe un altro aggettivo. Pianista di fama internazionale, direttore d’orchestra, compositore, un talento complesso, oggi racchiuso nel suo primo album al pianoforte: «Chopin Etudes Op.10 Scriabin Late Works Opp.70-74 Stockhausen Klavierstuck IX» (Deutsche Grammophon). Nella scelta dei brani l’intensità di un concerto e la capacità di dialogare con il passato e il presente della grande musica. Un debutto discografico che riflette la sensibilità e lo spessore dell’artista, figlio unico di Maurizio, fra i maggiori pianisti del XX e XXI secolo.

Cosa le ha dato a Milano?

«Tanto. Ho avuto l’opportunità di ascoltare concerti dai programmi differenti, dal Teatro alla Scala al Conservatorio, alla musica contemporanea di Milano Musica. Attraverso i miei genitori sono cresciuto in un ambiente stimolante, con loro ho iniziato a viaggiare, visitare musei fin da piccolo».

È figlio e nipote di musicisti. Quando ha scoperto di amare la musica?

«All’inizio non era la mia unica passione: da bambino mi sono appassionato alle scienze naturali, collezionavo minerali e fossili; poi alla pittura, e ho iniziato a dipingere. Mia nonna mi aveva dato qualche lezione di pianoforte quand’ero molto piccolo; nessuno in casa me l’ha imposto, mi sono innamorato più tardi dell’arte e la musica è quella che ho sentito più affine. Verso i 12 anni ho ripreso a studiare seriamente il piano, cercando di recuperare il tempo perso. A 13 sono entrato nella scuola di perfezionamento di Imola, poi sono passato a composizione studiando con Manzoni e con Salvatore Sciarrino, ancora oggi un mio riferimento».

Si confronta con le interpretazioni di suo padre?

«Sì, ma anche con quelle di Arturo Benedetti Michelangeli, Horowitz, Richter, Schnabel».

Maestro, lei è spesso all’estero, come mai continua vivere qui?

«Amo la mia città. A 20 anni ho avuto la fortuna di ereditare la casa di mio nonno, Gino Pollini (architetto del Gruppo 7, ndr). In questi ultimi anni mi sono dedicato alla composizione, ed è un luogo ideale in cui scrivo, studio e ci sono tutti i miei libri. È vicina alle colonne di San Lorenzo, un quartiere vivace».

Nel 2014 si è esibito alla Scala con un brano di Sciarrino. Ricorda la prima volta che ha visto il teatro?

«No, ci sono stato fin da piccolo. Non dimentico, però, il momento in cui ho provato consapevolezza del luogo. Era il 1989, avevo 11 anni, stavo ascoltando “Doktor Faust” di Giacomo Manzoni, la musica classica e contemporanea cominciava ad interessarmi sempre di più».

Come avvicinare oggi i bambini alla musica classica?

«L’educazione, la scuola: si parte da lì. A volte è proposta, per la prima volta, alle medie ma a quell’età i ragazzi hanno già ascoltato tanta musica di ogni genere».

Lascerebbe mai Milano?

«Sì, per lunghi periodi, ma non per sempre. Vivrei a Parigi, Roma, Venezia».

Vuole dare un consiglio alla sua città?

«Che sappia sempre di più esaltare l’arte e gli artisti che ci vivono. La bellezza di Milano è nascosta, da svelare».

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