I Nomadi e Paolo Belli insieme: noi e una canzone per far “Fuori la paura”

Uniti per una causa benefica: vogliamo aiutare la ricerca nella lotta al Covid-19

I Nomadi

I Nomadi

Milano, 26 marzo 2020 - Mentre a Milano Takagi e Ketra lavorano con Dardust ad una versione riveduta e corretta di “Ma il cielo è sempre più blu” col sostegno di oltre 40 artisti uniti dal desiderio di dare una mano alle attività della Protezione Civile e a Bergamo Roby Facchinetti lavora col sodale Stefano D’Orazio ad una nuova canzone per l’Ospedale Papa Giovanni XXIII°, dall’altra parte della Pianura Padana a fare società ci pensano i Nomadi con Paolo Belli, uniti da quella “Fuori la paura” pubblicata col proposito di raccogliere fondi per la ricerca. Perché alla fine della pioggia spunta sempre l’arcobaleno, come suggerisce la copertina disegnata da Nicola, nipote dodicenne di Beppe Carletti. "Con Belli siamo amici da una vita e abbiamo sempre avuto un certo feeling", spiega Carletti. L’ho chiamato il 21 marzo senza sapere che era il giorno del suo compleanno e lui m’ha detto: questa telefonata è il più bel regalo che potessi ricevere".

Come avete lavorato? "Scambiandoci i files, col coordinamento del nostro fonico che sta a Piacenza. Siamo partiti da una base ritmica e poi ciascuno ci ha messo sopra il proprio strumento o la propria voce. La qualità è quella che si può avere in una situazione “emergenziale” come questa, ma la motivazione viene prima di qualsiasi altra cosa. Anche perché intristirci e piangerci addosso non serve a niente".

Come passa le sue giornate? "Le ore sono lunghe qui da me che sto in campagna a Novellara, figurarsi tra le quattro mura di un appartamento a Milano. Passo il tempo passeggiando nei terreni che ho attorno a casa, scambio telefonate con i compañeros dei Nomadi, mi esercito al pianoforte. Poi un giorno Marco e Francesco, due collaboratori marchigiani dei Nomadi, hanno tirato fuori questa canzone qua e l’idea di condividerla ci è piaciuta subito a tutti".

Un modo per stare assieme. "Con buona probabilità fino a maggio-giugno non riusciremo più a vederci in sala d’incisione, così abbiamo pensato di non arrenderci alle difficoltà. A Reggio c’è l’IRCCS dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, un centro di ricerca in prima linea nella lotta al Covid-19, gli devolveremo tutti i guadagni del pezzo".

Sua figlia Elena fa il sindaco di Novellara. "Se possibile, per gli amministratori pubblici è un momento anche più duro che per i cittadini; perché vedono le loro comunità patire e non possono farci nulla".

Lei ha 73 anni. Si era mai immaginato di dover vivere un momento come questo? "Sinceramente no. Sono 57 anni che giro l’Italia ed è la prima volta che mi ritrovo inerme, chiuso in gabbia. Sono nato nel ’46, quindi immediato dopoguerra; c’era nell’aria l’odore della miseria, ma la gente in strada aveva la felicità di chi si è lasciato la guerra alle spalle. Pure questa che stiamo vivendo è una guerra. Passerà pure il coronavirus e se riusciremo ad uscire dall’incubo abbracciandoci, sotterrando l’odio, avremo tutti davanti una nuova vita".  

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