L'INIZIATIVA / Parole e pensieri ai tempi del coronavirus: "Verso" è la parola del Dantedì

Hanno scritto per noi, tra gli altri, Andrea Bocelli, Giorgio Armani, Ornella Vanoni, Giovanni Gastel, Gianni Canova e Giulio Giorello

Il drammaturgo, regista e attore Massimiliano Finazzer Flory

Il drammaturgo, regista e attore Massimiliano Finazzer Flory

Milano, 25 marzo 2020 - Una parola al giorno per trenta giorni, un mese di riflessioni e pensieri che andranno a costruire una "letteratura del ricordo". È l’invito che Massimiliano Finazzer Flory, regista e attore teatrale, lancia ai lettori in collaborazione con Il Giorno. Il drammaturgo propone una parola di stretta attualità legata al Covid-19, invitando i lettori a scrivere un breve pensiero (600-700 battute) in merito. Le riflessioni, da inviare all’indirizzo mail redazione.internet@ilgiorno.net, saranno pubblicate online e contribuiranno a costruire una memoria collettiva di com’erano la Lombardia e l’Italia ai tempi del coronavirus, accanto ai contributi che di giorno in giorno manderanno alcuni personaggi della cultura e dello spettacolo. ​Dantedì per la prima edizione con letture social del sommo poeta dedichiamo a VERSO

La parola odierna è VERSO. Fino ad ora hanno scritto per noi:Giorgio Armani, Andrea Bocelli, Salvatore Veca, Ornella Vanoni, Dan Peterson, Antonella Boralevi, Laura Valente, Maria Rita Parsi, Gianni Canova, Gianni Quillico, Silvia Pascale, Stefano Bruno Galli, Edoardo Zanon, Fabio Scotto, Gilda Bojardi, Ico Migliore, Marconcini Alberto, Rosario Pavia, Ettore Messina, Giovanni Gastel, Edoardo Boncinelli, Giulia Carli, Pino Farinotti, Stefano Boldorini, Alberto Mattioli, Alberto Uva, Alessandra Miorin, Roberto Cacciapaglia, Sabrina Sigon, Angelo Argento, Anna Maria Cisint, Ilaria Guidantoni, Ivano Giulio Parasacco, Lavinia Colonna Preti, Letizia Moratti, Massimo G. Cerutti, Paolo Del Brocco, Pierluigi Biondi, Jacopo Rampini, Roberto Zecchino, Carlo Robiglio, Salvatore Carrubba, Corrado Sforza Fogliani, Giulio Giorello, Lorenzo Maggi, Alessandro Daniele, Alberto Mingardi, Monica Stefinlongo, Cesare Balbo, Elena D'Incerti, Alessandra Miorin, Giuseppe Mojana, Giulia Malaspina, Marco Nereo Rotelli, Michela Lucenti, Silvano Petrosino, Alessandra Marzari, Ariane, Deborah Cocco, Filippo Del Corno, Michele, Alessandro Pancotti, Maria Giulia Comolli, Franco Masanti, Alessandro Gabrielli, Girolamo Sirchia, Santo Rullo, Alessandro Daniele, Dori Ghezzi, Katia da Ros, Antonio Francesco Pollice, Maria Pia Ciaccio, Red Canzian, Cristina Veronese, Barbara Dei Rossi, Paolo Coppo, Carolina Labadini Mosti, Spartaco Rizzo, Roberta Usardi, Claudio Formisano, Roberto Rinaldi, Alberto Marconcini, Ilaria Massi, Giuseppe, studente di filosofia all'università Vita-Salute San Raffaele, Cristina Settanni, Cristina Salvador, Carmen, Alex Salmini, Eugenio Astorino Tutoli, Sofia Aloi, Lory, Cristina Barletta, Rosanna Calò, Graziano Camanzi, Raffaella, Miriam Merlo, Clara Canna, Riccardo, Fabrizio Gramigni, Luciano Vacca, Giorgio Piccaia.

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“Verso” dove ci spingono i domani? Che “verso” canteranno per condurci? Ogni avanzare è un andare all’ in”verso” “Verso” un’ origine che resta sconosciuta. Nell’ uni”verso” o “verso” un multi“verso”?

Gabriele Lavia, attore, regista

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«Non c’è verso», spesso si dice nel parlar comune. Eppure un verso c’è sempre, un modo. Il verso è la direzione, l’andare verso qualcosa o qualcuno. Sostantivo o preposizione, il verso disegna una spazialità, sia essa quella, in poesia, dell’unità ritmica verbale scandita da elementi prosodici, accenti e tratti fonologici, che prima o poi volge al rigo successivo, così disegnando un’unità di tempo, uno spazio del respiro e del senso, una musica, oppure il moto di un incedere, diritto o tra-verso che ci sposta dove siamo da dove prima non eravamo. Le parole sono nude, ma non innocenti o ignare, sanno dove andare, il verso da prendere, il verso in cui stare, se l’artefice le sa guidare o sa lasciarsene portare. Verso è relazione tra le parole e con chi le parla, legge, ascolta, è qualcosa che si muove e muove, a volte anche commuove. Ecco allora che, sempre mutuando dal parlato, l’essere inversi che spesso contraddistingue una condizione di disagio, intrattabilità del soggetto adirato per qualcosa, potrebbe trasformarsi, anagrammando, nell’essere in versi, ovvero ispirato, felice sull’onda del pensiero o del cuore che vi pulsa, sorretto da un canto sulla nave che sfida le onde e la malattia che oggi ci affligge, spingendoci verso la guarigione.

Fabio Scotto, poeta

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Un punto d’origine della parola “verso”, quasi uguale nei vari idiomi d’Occidente, è in un poeta teatrale e arcaico, che firmandosi diversamente, «Maccus», «Plautus», nei prologhi di Asinaria e di Trinummus, ripete di sé: «vortit barbare», ossia: «ribaltò» (vortit = vertit) , «pose sottosopra» il seme e il frutto, l’originale ellenico-ellenistico di Menandro e sé stesso traduttore, umbro-latino e “barbaro” rispetto al greco. Traduzione come capovolgimento. Da “vertere” è “versus”, rovesciato e capovolto come nell’ostile “pollice verso” o in “Nietzsche versus Wagner”. Così ciò che è “versus” muta radicalmente. È immutato in sé (già: che cos’è l’in sé), ma al grado massimo di mutamento (180°), si trova il punto da cui osserviamo quell’in sé. Non è soltanto capovolgimento verticale: è anche un dietrofront’ orizzontale. Se percorro una semiretta nello spazio dalla Terra verso Alpha Centauri e incontro un’astronave che da Alpha corre verso la Terra, chi commenta «viaggiano in direzioni opposte» è un analfabeta: la direzione è una sola, è quella semiretta, ma opposti sono i due versi. Viaggio più complesso è il verso della poesia. La direzione del linguaggio poetico è adattabile all’infinito, e potrebbe non avere un limite nello spazio. Nessun libro potrebbe contenerlo. Astutamente, il logos poetico sceglie numeri di esatta misura, al cui termine, ogni volta, si nasconde e fulmineo corre a ritroso annientando il tempo, ricollocandosi a capo e ridiventando visibile. Così il verso poetico è la bilancia dell’universo, poiché disciplina l’Infinito e lo traveste da Finito: perfectum Forse il verso della poesia non muta il mondo, ma ad ogni a capo lascia intravedere meglio il suo destino.

Quirino Principe, musicologo

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Il volgere dà il verso, ma quale verso? E’ un avvicinarsi verso qualcuno nella sua direzione o è un pollice verso, una condanna, un segno di sconfitta? Difficile trovare una parola così poliedrica e contraddittoria da una radice comune che rimanda alla scelta, alla direzione da percorrere, al tradurre, in questo caso, da un’altra lingua verso la propria, avvicinando il testo. Il verso narra di un incontro come di uno scontro ed è la voce animale che quando la si imita ci degrada nel fare versi e versacci. Il verso però è anche il fraseggiare poetico e diventa versetto nella Bibbia, nel Vangelo e nel Corano. Il verso della poesia nasce nell’intimo e nella solitudine per essere declamato e condiviso: poeta è colui che esprime quello che i più sentono ma non sanno dire, capace e responsabile di andare VERSO il cuore.

Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice del Mediterraneo

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Ho immaginato che camminassi senza direzione senza portamento in un’aria da disegno a matita hai allungato una mano per afferrare, aggrapparti alla luce che ti veniva incontro ti illuminava una fronte scoperta appena infine ti vedevo cadere: un urto infinito senza urla, non avevi espressioni te ne stavi lì come questa poesia, a precipitare a significare più niente. Alessandro Pancotti, poeta

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Nel ceruleo oceano andrò per meteora seguendo la spuma, bagnando l’acqua. Lascerò il vento segnare il pensiero, salando il sale. Non udirò la mia voce. Ascolterò il soave mare, dal lieto desio chiamato con monito d’amore. Andrò lontano, vicino a casa mia. Abbraccerò la famiglia ancora da incontrare. In cammin di mia vita non seguirò vagando ma vagando seguirò l’esser che oggi sono e domani diverrò.

Spartaco Rizzo

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Il verso che s’interseca. LA LAMPARA Pila di libri sulle mie ginocchia a compagnia, e da folata d’ebrezza il volteggiar di fogli spiegati ad ali di rondine in cobalto i miei versi. Trascinato nel vento il mio pensiero vola in cui la traiettoria a fil di seta la mia vista ricopre e la matita si dissolve fra le dita. Immaginario che a me di fronte ad arco come grotta si apre di tramonto riscaldata: accogliente rifugio verde mare. Quale messaggio il metapsichico seguir le dolci onde d’increspature accennate a musa. Io ora, piccola pulsione di lucciola nell’universo ne richiamo la lampara ch’al di là degli scogli mi scorge, titubante, incredula. Eppur m’avverte, avvicinandosi a me nell’abbandono degli ormeggi. Alessandra Miorin​

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Verso…

Verso l’acqua nel bicchiere dal collo lungo e stretto. Dal fondo della bottiglia smerigliata si staccano le bollicine di gas e sembrano scrosciare. Interrompono per qualche secondo un silenzio denso. Cascatella argentina, torrente di montagna: quando un’acqua gelida e leggera tornerà a intorpidirmi le dita?

Verso destra volgo lo sguardo durante il quarto d’ora d’aria sul terrazzo: i tre grattacieli della metropoli che sale sembrano giganti silenziosi; non pare possibile siano gli stessi che poche settimane fa rendevano ambiziosamente newyorkese lo skyline della città. A quando la vertigine dell’ascensore che, come fossimo proiettili, ci catapulta al ventisettesimo piano? 

Dalla scatola accesa in salotto escono impazzite le parole di cronisti, le scene inedite di iperrealismo ospedaliero, le voci sempre meno attendibili di opinionisti mediocri. Mentre l’informazione si muove sul crinale pericoloso in cui rischia un perenne cortocircuito, l’unica domanda è quale sia il verso di questa pandemia/pandemonio. 

Un verso dopo l’altro leggo un testo lieve e malinconico: il poeta crepuscolare e gentile che – anche lui – respirava a fatica descrive una ragazza brutta ma seducente. Domani li leggerò da dietro uno schermo nero per riempire la mattina di qualche ragazzo provando a non appesantirla. Quando tornerò a leggere i miei poeti, gesticolando sempre troppo e camminando tra la cattedra e la finestra per intercettare la luce radente che filtra da fuori?

Verso la fine della reclusione, verso l’estate, verso la luce in fondo al tunnel, verso la fase calante della curva statistica della morte, verso la fine dell’anno scolastico lasciato a metà. Verso tutto ciò di cui, siamo già ai blocchi di partenza, ci riapproprieremo.

Elena D’Incerti

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Verso l’uscita o verso l’entrata dove vado? Cerco il giusto verso, non il di-verso, ma la via della luce. Non, non c’è, il cantore disordinato continua la sua corsa. Il numero aumenta nella versione ufficiale, e la tendenza regredisce, parole senza senso o ricercati versi nella mente offuscata nella irrealtà di numeri sempre maggiori che causano turbe psichiatriche nell’uomo che non si riconosce nella Natura che va avanti senza troppi ostacoli nel ritorno del freddo e nell’arrivo di correnti dall’Africa. 

All’orizzonte nuvole capricciose. 

E l’uomo verso il suo Dio chiede perché?

Giorgio Pittore, artista

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Sono un anonimo milanese.

Anonimo è una parola nota a Nessuno.

Sotto la pioggia, conosco il campanello. Amico delle rose di Alda, che l’ha accompagnata fino alla fine della sua vita, fine illusoria perché lei scrive diVerso…

“Tra le tue braccia”

Tra le tue braccia

C’è un posto nel mondo

dove il cuore batte forte,

dove rimani senza fiato,

per quanta emozione provi,

dove il tempo si ferma

e non hai più l’età;

quel posto è tra le tue braccia

in cui non invecchia il cuore,

mentre la mente non smette mai di sognare… Da lì fuggir non potrò poiché la fantasia d’incanto risente il nostro calore e no… non permetterò mai ch’io possa rinunciar a chi d’amor mi sa far volar.

Anonimo

 

 

 

 

 

 

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