Milano, concerto allo Iulm: suona la Compagnia del Cigno

Evento aperto a tutti dei musicisti della fiction tv creata da Cotroneo

Il regista Ivan Cotroneo

Il regista Ivan Cotroneo

Milano, 4 luglio 2019 - E questa volta l’Orchestra de La Compagnia del Cigno si potrà ascoltare dal vivo. «I protagonisti della fiction sono musicisti provenienti da diversi Conservatori, hanno sempre realmente suonato» spiega Ivan Cotroneo, autore della serie tv di successo su Rai1. Nell’ambito de La Milanesiana, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, stasera la compagnia dell’omonima serie tv si esibisce nell’Auditorium-Iulm (ingresso libero previa registrazione: http://bit.ly/milanesiana-iulm-2019). In apertura letture di Rocco Tanica, Anna Valle e dello stesso Cotroneo.

Cotroneo, perché dedica la serata a “Musica e Speranza”?

«I ragazzi sono la possibilità di un futuro migliore, aperto, inclusivo, senza paura delle differenze. Mentre giravo il film “Un bacio” ho lavorato con adolescenti e voglio continuare a ripetere l’esperienza. Non mi va che si parli delle nuove generazioni solo in cronaca nera, ho incontrato tanti giovanissimi appassionati, capaci di determinazione, ricchi di sogni, talento e valori. Molti problemi dei ragazzi d’oggi, ad esempio il bullismo, dipendono dal mondo che noi adulti gli stiamo lasciando».

Il suo sogno di adolescenza?

«Scrivere, i miei leggevano spesso i gialli Mondadori, così fin dalle elementari ho iniziato a scriverli, poi chiedevo a nonno di batterli a macchina sull’Olivetti della mamma. Amavo leggere i miei racconti per suscitare l’attenzione degli adulti, farcivo le storie con episodi che mi accadevano, trasmettevo le mie opinioni. Ho sempre avuto l’impressione di esprimermi meglio scrivendo che parlando».

Cosa desiderano i ragazzi della Compagnia del Cigno?

«Custodiscono con pudore i loro sogni: continuare a suonare, entrare in grandi orchestre, produrre bellezza senza diventare ricchi e famosi ma nel nostro mondo soldi e popolarità sembrano gli unici valori».

È scrittore, sceneggiatore, regista. «Oggi più che mai le parole devono essere trattate con grande cura, possono ferire, cambiare la vita di una persona, distruggerla. Lavorando come sceneggiatore ho imparato ad applicare le parole giuste alle immagini. Tutti noi siamo stati cambiati dai libri che abbiamo letto, dai film che abbiamo visto. Un adolescente solo si ritrova ne “L’isola d’Arturo” di Elsa Morante, una donna incompresa e adultera in “Anna Karenina” di Tolstoj, le parole sono potenti, cambiano la tua visione del mondo. Per molti ragazzi d’oggi le parole sono significative, incontrandoli si sono lamentati della retorica che li cataloga in indolenti, incapaci di ribellarsi. Non è vero, la loro generazione si è mobilitata per difendere il pianeta».

Com’è riuscito a trasformare il piacere della scrittura in un lavoro?

«Con determinazione, leggendo tantissimo ho capito di voler donare agli altri ciò che gli scrittori danno a me; ho imparato per gradi a esprimermi nello stile più vicino ai miei ideali. Per anni ho tradotto i romanzi di Kureishi e Cunningham, una bella scuola».

Non crede di aver ideato per la serie un maestro-direttore d’orchestra troppo severo (interpretato Alessio Boni)?

«Avevo dei modelli di vita, fra i miei maestri di scrittura ricordo Suso Cecchi d’Amico e Age, sono stati duri e, nello stesso tempo, molto incoraggianti con me».

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