Milano, Brera festeggia le sale rinnovate con Hayez e Ingres / FOTO

Tre anni di riallestimento e nuovo Caffè Fernanda. Il ministro: "Direttori? Il passaporto non conta"

Una visitatrice a Brera

Una visitatrice a Brera

Milano, 2 ottobre 2018 - E si arrivò al settimo Dialogo “Attorno a Ingres e Hayez. Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento”, a suggellare la completa trasformazione della Pinacoteca di Brera. Con le 38 sale tutte riallestite e l’apertura del Caffè Fernanda dedicato alla storica e visionaria direttrice di Brera, Fernanda Wittgens, cui si deve la riapertura del museo nel 1950 dopo i bombardamenti del 1943. Ecco la nuova Brera inseguita, sognata, sulle orme dei suoi predecessori (Modigliani, Wittgens, Russoli) e infine realizzata in questi tre anni dal direttore anglo-canadese James Bradburne.

Riportare Brera nel cuore della sua città è stato il suo mantra in questi anni, «perché se Milano abbraccia la sua Brera il mondo la segue». E così è stato. Brera ha scalato la classifica fra i musei statali più visitati in Italia, piazzandosi all’ottavo posto subito dopo il Cenacolo. E si resta ammaliati dall’atmosfera nuova che si respira nelle sale, con i rinnovati colori alle pareti a fare da sfondo, ad esaltare capolavori come Il bacio di Hayez o Ritratto di Terera Manzoni Stampa Borri a confronto con tre importanti opere ospiti: il Ritratto di Madame Gonse di Jean Auguste Dominique Ingres del Museo di Montauban, il Ritratto di Selene Taccioli Ruga di Francesco Hayez e il busto in gesso di Lorenzo Bartolini Ritratto di Anna Maria Virginia Buoni Bartolini, entrambi provenienti da collezioni private.

Già, dicevamo del Dialogo: offre una riflessione sulla figura femminile intorno alla metà dell’Ottocento (giovedì ingresso gratuito con prolungamento serale dalle 8,30 alle 22,15) ed è il tassello finale del percorso (le sale 37 e 38 tornano ad essere comunicanti attraverso l’apertura a tutto sesto rimasta fino ad oggi chiusa) della Pinacoteca, diventata uno scrigno ancor più prezioso in cui ammirare le opere in una prospettiva innovativa che porta il museo ad allinearsi a standard internazionali. Per l'occasione sono state restaurate anche due fra le più imporanti tele di Hayez, l’Autoritratto del 1848 e il Ritratto di Alessandro Manzoni del 1841. «Ogni fine è un inizio – dice il direttore Bradburne – completato il riallestimento adesso è tempo di un nuovo inizio per far sì che la Pinacoteca sia un museo contemporaneo, un’istituzione per la prevenzione della cecità, deve restare, per dirla con Fernanda Wittgens, un museo vivente».

Il sindaco Giuseppe Sala pare soddisfatto del «cambio di passo» a Brera, anche se invita ad «accelerare su Palazzo Citterio». Il ministro della Cultura Alberto Bonisoli ha fatto notare che «ora abbiamo un museo pienamente all’interno della città». L’idea è di proseguire nella direzione impressa da Bradburne «perché un museo deve essere un posto vivo e non un deposito». Che poi tutte queste novità sono il frutto, maturo, dell’autonomia di Brera. Autonomia dei direttori che «sarà confermata», ha detto il ministro, anche se «stiamo rivisitando il grado di autonomia e le capacità gestionali dei vari direttori a seconda delle istituzioni che vanno a dirigere. Noi abbiamo bisogno di direttori bravi , indipendentemente dal passaporto».

E nella giornata in cui si festeggia Brera non c’è spazio per altro, secondo James Bradburne. Il direttore non ha alcuna intenzione di lasciare («Ho un contratto firmato da un ministro sino al 30 settembre 2019», dice) e pensa agli altri passi da compiere e che ovviamente includono Palazzo Citterio, «comprato da Russoli nel 1972 per ospitare le collezioni moderne. E questo succederà, dobbiamo solo aspettare». Per il momento godiamoci il nuovo volto della Pinacoteca che prende per mano anche il visitatore meno preparato con le 297 nuove didascalie dallo stile divulgativo e 21 anche d’autore, come quella del premio Nobel Orhan Pamuk. E, alla fine, sosta in caffetteria, un luogo che a Fernanda Wittgens «non sarebbe dispiaciuto», ammirando Le tre grazie, di Bertel Thorvaldsen. Siete pur sempre, anche qui, in un museo.

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