Alessandra Amoroso nel paese delle Meraviglie: "Ora sogno San Siro"

La voglia, la pazzia e una sana incoscienza prendono per mano la cantante, mettendola davanti, sotto il solleone d’agosto, al desiderio più grande

Alessandra Amoroso

Alessandra Amoroso

Milano, 24 agosto 2019 - San Siro a colori. La voglia, la pazzia e una sana incoscienza, prendono per mano Alessandra Amoroso mettendola davanti sotto il solleone d’agosto al sogno più grande: sbarcare in uno stadio. Anzi, «nello» stadio. «In questo momento lo preferirei anche all’andare in gara Sanremo, che per me rappresenterebbe comunque la realizzazione di un sogno» assicura. «Sia chiaro che se poi il grande stadio o il Festival non arriveranno, non mi straccio le vesti».

Intanto la sua “Mambo salentino” con i Boomdabash è tra le hit dell’estate.

«Con i Boomdabash ci conosciamo da tanto tempo e quando sto con loro mi sento a casa. Non solo perché siamo figli della stessa terra. La pensano come me, amano la musica come l’amo io, e sono felice che m’abbiano dato modo di approcciare un genere di musica differente dal mio perché io sono anche quello; nella mia tavolozza ci sono pure quei colori».

Nel video balla, le piace?

«Anni fa ho seguito qualche corso di zumba, ma amo soprattutto reggae, reggaeton, salsa. Musica latina in genere, di cui mio cognato è stato pure campione regionale. Mia nipote è già bravissima. Diciamo che in famiglia la musica colora la nostra vita a trecentosessanta gradi».

È metodica nelle passioni?

«Sì. Se mi devo andare ad allenare, con un istruttore che mi disintegra cosce e polpacci al punto che ormai sembrano quelli di Sylvester Stallone in Rocky, sono molto metodica; ho i miei orari, non scavallo, arrivo sempre puntuale. L’idea di potere andare oltre i propri limiti, pure fisici, è uno stimolo pazzesco che ci spinge a sopportare qualsiasi sacrificio. Quando capisci puoi superarti ti scatta una forza mentale straordinaria».

Una bella scoperta fatta negli ultimi tempi?

«Purtroppo nell’arco di un mese, oltre alla mia adorata nonna Maria, se ne è andato pure Buddy, il cane che per me era un amico, un figlio, un fratello. Appena preso questo nuovo bastardino, ho iniziato ad odiarlo perché pretendeva di sostituire nella mia vita l’insostituibile. Così mi sono messa in cerca di un centro cinofilo; non per far educare lui, che non ne ha bisogno, ma per educare me a volergli bene. Un cane va trattato da re, perché se lo merita. Sempre».

Come l’ha chiamato?

«Pablo. Che però quando è su di giri diventa “Diablo”, tremendo. Matto come me, mentre Buddy era il ritratto della pazienza. A casa se mia la nipote fa la matta “assomiglia alla zia Alessandra”, mentre se fa una cosa carina “è tutta il papà”. Come si dice da noi in Salento, “iou tengu la nomina l’auri fanno i fatti”. A 33 anni se in famiglia succede un casino è sempre colpa della pazza, io».

Sicura?

«Assolutamente. Quando ho iniziato questo lavoro mi sono sentita un po’ come Alice nel Paese delle Meraviglie; ho addentato un frutto fatato che m’ha portata in un mondo sotto certi aspetti molto lontano rispetto a quello in cui avevo vissuto fino a quel momento, ma sempre senza coltivare invidie o gelosie. Se le cose debbono arrivare, arrivano, perché quindi farsi il sangue cattivo?».

D’altronde, le persone fortunate non dovrebbero mai dimenticare di esserlo.

«E io non me lo scordo di sicuro, mettendomi a disposizione come posso delle cause in cui credo. Tempo fa, ad esempio, m’è capitata tra le mani la lettera di una fan che mi raccontava la storia di Francesco, un bambino affetto da gravi patologie curabili con staminali e medicine di difficile reperibilità per cui è stato creato un fan club al fine di reperire i fondi di cui ha bisogno. L’ho trovata un’idea importante. Vedendo poi in tv un servizio de Le Iene su alcune mamme che stavano cercando di trovare una casa per i loro bambini autistici, ho pensato di creare una Big Family Onlus per aiutarle a raggiungere il risultato. A questa impresa benefica se ne sono aggiunte delle altre e a tutte, compreso il fan club di Francesco, cerchiamo ora di dare un sostegno con la forza dei nostri iscritti che in un solo anno ci hanno permesso di raccogliere ben 80mila euro».

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