di Silvio Danese

Milano, 29 maggio 2013 - Prendiamo un caffè in un bar del centro dove ogni minuto un fan chiede una foto iPad da spedire agli amici o alla mamma, ma il vero problema di Giancarlo Giannini è un altro: convincere un parente, al telefono a Roma, che no, proprio no, «la mamma il film non lo può vedere, questo film no, lei all’anteprima non deve venire, ha cento anni, non può!».

Sopravvivenza, caccia all’uomo, atmosfera metafisica, amore e morte, Ti ho cercata in tutti i necrologi è un thriller fuoriserie, ambiguo e coinvolgente, pensato, ostinatamente voluto, prodotto, interpretato, diretto da Pasqualino molte bellezze e ancora grande energia (da domani anche a Milano). Giannini è Nikita, autista di limousine funebre che, coinvolto in uno strano gioco al massacro, scopre se stesso e il suo destino.

Idea antica, intensamente perseguita?
«Sì, non è facile fare un film di questo tipo in Italia. E fuori onda. Ero in tournée in Africa con un Romeo e Giulietta di Zeffirelli e, una sera, a cena, un signore mi rivela che partecipa con un gruppo a uno strano safari, in cui la preda è un uomo. Illegale, sconcertante, da quel momento non ho più potuto rinunciare a pensare a girare una pellicola».

Come tocca le sue corde?
«È un film tagliato per raccontare una zona simbolica e profonda della vita che mi ha sempre interessato. Il protagonista lo dice: si muore una volta sola, voglio decidere come e quando. E un tipo spavaldo, questa strana avventura tocca il suo egocentrismo, ma poi scampare alla morte diventa il suo demone».

Era un passo necessario?
«Non so, il film è interamente mio, questo è certo, sono responsabile della visione, della storia, di un diverso modo di impiegare la musica, tutto».

Come regista, chi la ispira?
«Orson Welles, che diceva: il cinema è il più ben trenino per adulti. Fellini, De Sica, per dire, perchè tutto nasce dai fondamenti. Se vuoi fare il regista, l’attore, il produttore, l’operatore, studia Giungla d’asfalto di Huston, lo dico sempre ai miei studenti. Quando ho fatto i complimenti a Spielberg per E.t., mi ha detto: macchè, ho fatto Miracolo a Milano, ho tolto le scope ho messo le biciclette».

A proposito di Milano...
«È una città dove in parte dell’anno abito. Ho girato a Milano Sesso matto di Dino Risi con Laura Antonelli e diversi altri film. Ricordo ancora con Risi il set per una miniserie, Vita coi figli, ero un imprenditore molto occupato, molto milanese, che incontra una magnifica ragazza, una giovanissima Monica Bellucci. Altri tempi. Ma Milano non mi sembra molto cambiata. Come Torino, conserva una sua certa quadratura».