di Luca Zorloni

Milano, 14 settembre 2012 — Gli 007 dell’arte sono in città. Sono i detective dell’agenzia di investigazione S.A.V.E., in missione a Milano per capire quale sia la condizione degli artisti nella metropoli lombarda. I due pronipoti di Sherlock Holmes e del dottor Watson sono Ambra Pirotti e Paul-Flavien Enriquez Sarano, alias Ze Coeupel. Si muovono in incognito per poi tornare al loro quartier generale che compare e scompare come nei migliori film gialli. Niente paura però: le indagini, gli interrogatori e il look da cattivoni di James Bond fanno parte del gioco, una grande performance artistica che la coppia porta avanti dal 2009. I risultati dell’investigazione invece sono veri. Perché, a forza di scavare, la verità viene sempre a galla.

Ambra Pirotti, cos’è S.A.V.E.?
«È un ufficio di investigazione fittizio. Indaghiamo sui territori, sui loro abitanti e sul futuro, facendo confrontare le persone con problemi reali o di fantasia. Giochiamo con i ruoli perché gli altri possano vivere un film. Attraverso il gioco però otteniamo risultati veri, sviluppiamo temi di attualità. Il nostro obiettivo è aiutare a salvare il territorio in cui agiamo. E poi produciamo molta burocrazia: abbiamo una montagna di documenti audio e video, dichiarazioni firmate e impronte digitali delle persone con cui parliamo».

Come si è svolto il progetto?
«Abbiamo iniziato a Berlino (dove i due abitano e lavorano, ndr), nel 2009. Incitavamo i cittadini a chiedersi cosa minacciasse il territorio, per uscire dalla letargia. Nel 2011 siamo andati a Marsiglia, dove abbiamo condotto un’investigazione in incognito e aperto una hot line telefonica notturna attraverso la quale le persone potevano sfogarsi. Obiettivo: offrire soluzioni per intervenire sull’entropia locale. L’anno scorso siamo stati a Milano nel periodo delle elezioni. Quest’estate ci siamo spostati a Varsavia dove abbiamo fatto ricerche sulla restituzione delle proprietà che esistevano prima della Seconda Guerra Mondiale, un tema politico forte per la città. Ora torniamo a Milano».

Indagherete la condizione dell’artista, cosa vi aspettate?
«La nostra idea è che l’arte sia un tema scottante, una bomba da disinnescare, e che tutti siano complici di questo gioco. Tutte le testimonianze saranno raccolte in forma anonima, ci auguriamo che partecipino in tanti. Abbiamo già svolto qualche indagine: ci ha colpito che tutti abbiano la stessa percezione dei problemi, in qualche modo potrebbero essere anche d’accordo sul modo di risolverli. A ottobre presenteremo i risultati delle nostre ricerche».

Per Milano il 2012 è stato l’anno del movimento Macao: cosa ne pensate?
«Eravamo a Berlino, lo abbiamo seguito da lontano. Io non ho ben capito le loro intenzioni».

Altra polemica «artistica» tutta milanese: il dito di Cattelan in piazza Affari...
«Rappresenta le contraddizioni italiane, ha un’ironia profonda e una forza di autocritica».

Stendhal, grande viaggiatore e conoscitore di città, diceva: «La bellezza non è che una promessa di felicità». Sottoscrivete?
«Sì, condivido. La bellezza, a larghissimo campo, è un bene necessario a tutti. È come il cibo. Quando una città non è più costruita per il bene comune e per la bellezza, ma per il profitto, si disgrega. Urbanisticamente e architettonicamente la bruttezza fa proprio male».

Fino al 17 settembre l’ufficio S.A.V.E. si trova al Careof Docva Viafarini (via Procaccini, 4): le interviste saranno realizzate in forma anonima. Le altre tappe su www.savemilan.it.

luca.zorloni@ilgiorno.net

Twitter: @Luke_like