Traffico di rifiuti all’ombra dei clan: sequestrati cava e impianto di trattamento

Carte false e materiale smaltito illecitamente, scattano due arresti. Nelle intercettazioni i timori degli indagati: "Il polistirolo vola sul lago, è un macello"

La cava di Zibido San Giacomo sequestrata

La cava di Zibido San Giacomo sequestrata

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Milano - Era diventato un punto di riferimento per smaltire a buon mercato i rifiuti, in particolare macerie da demolizione che arrivavano soprattutto da cantieri milanesi, falsificando documentazioni e indicando codici corrispondenti ad altri materiali, meno costosi da trattare, senza analisi come previsto dalla legge. E i rifiuti potenzialmente pericolosi per l’ambiente, così declassificati sulla carta, finivano mescolati ad altri inerti, perdendo ogni tracciabilità, per poi essere reimmessi nel mercato e utilizzati per asfaltare strade o ristrutturare appartamenti. Per l’accusa, tutto con il benestare della ‘ndrangheta. Questo punto d’approdo era la cava di Zibido San Giacomo: il titolare Gianarnaldo Bonilauri, di 72 anni, è finito agli arresti domiciliari per traffico illecito di rifiuti, così come Giuseppe Molluso, amministratore di Emmegi lavori stradali srl e New project arredo urbano, altra figura chiave, ritenuto tra i principali "conferitori di rifiuti" nel sito. 

Quarantadue anni, è il figlio di Giosofatto detto Gesù, tra i nomi di spicco del clan a Buccinasco. Altre tre persone sono indagate. Questo emerge dall’inchiesta dei carabinieri Forestali di Milano e Lodi, coordinata dal pm della Dda Silvia Bonardi e sviluppata anche con la collaborazione della Guardia di finanza di Milano per gli accertamenti fiscali. Indagine nata dalla maxi operazione Mensa dei poveri che aveva portato a galla un giro di presunte tangenti e scambi di favori tra politici e imprenditori lombardi partendo da accertamenti sull’operato della EcolService Srl di Daniele D’Alfonso, imprenditore di Corsico già finito in manette.

"Abbiamo una grossa grana", dice Bonilauri, intercettato mentre parla con un interlocutore che gli aveva portato materiale da smaltire. "Spaccandosi, uno di quei prefabbricati lì c’è dentro il polistirolo. A me crea un casino pazzesco perché poi vola sul lago, è un macello". Le indagini hanno fatto anche emergere i rapporti di vecchia data tra Bonilauri e le aziende della famiglia Molluso: "Andiamo da Bonilauri, voi lo conoscete bene e potete caricare pure voi tranquillamente". I carabinieri e le Fiamme gialle hanno sequestrato la cava e l’impianto di trattamento rifiuti, oltre al 100% delle quote delle società degli arrestati e 354.772 euro. Solo tra gennaio 2018 e aprile 2019 sarebbero state smaltite almeno 2.700 tonnellate di rifiuti. "Questo generava vantaggi per le società riconducibili alla criminalità organizzata in termini di costi di gestione dei rifiuti, che permettevano di stare sul mercato a prezzi più vantaggiosi dei concorrenti", ha evidenziato il capitano Alessandro De Vivo. È stato scovato anche un registro con i lavori in nero eseguiti nella cava: una storia cominciata nel 2000, oltre 20 anni fa.  

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