"Volevano richiedenti asilo per sfruttarli". Rider pagati a 3 euro netti alla consegna

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Nessuno scrupolo. "Si faceva leva sulle condizioni dei rider, che provenivano da situazioni disagiate, erano richiedenti asilo per motivi politici e dovevano sottoscrivere queste condizioni degradanti di lavoro, erano sottopagati e ricevevano dalle società intermediarie 3 euro netti a consegna".

Così un investigatore della Gdf ha ricostruito le modalità di lavoro dei fattorini che facevano le consegne di cibo a domicilio, sentito come primo testimone dell’accusa nel processo milanese a carico della manager di Uber Italy (sospesa) Gloria Bresciani accusata di caporalato. Procedimento nato dall’inchiesta del pm Paolo Storari che due anni fa ha portato la filiale italiana del colosso americano in ammighnistrazione giudiziaria, poi revocata nel marzo 2021 (dai giudici della Sezione misure di prevenzione) dopo il riconoscimento del percorso "virtuoso" intrapreso dalla società.

I rider, ha spiegato l’investigatore,"sottoscrivevano una scheda in cui c’era scritto che gli importi che comparivano sull’applicazione" del servizio Uber Eats per le loro consegne "erano errati". Sulla “app“, infatti, "venivano visualizzati anche i rimborsi forfettari chilometrici e i bonus applicabili per le condizioni climatiche", ma i responsabili delle società intermediarie, Frc e Flash Road City, "dicevano ai rider che loro avrebbero percepito sempre e comunque tre euro a consegna".

Tramite un accordo tra accusa e difesa davanti al giudice della nona penale Mariolina Panasiti, al processo sono stati acquisiti i verbali coi racconti dei fattorini sulle condizioni lavorative. Così i rider non dovranno essere convocati in aula. Nelle prossime udienze ne verrà ascoltato solo uno, come richiesto dalla Cgil, parte civile nel processo così come la Camera del Lavoro di Milano.

Un centinaio di rider, parti civili, è già uscito dal processo ottenendo circa 5mila euro di risarcimento a testa. A ottobre, poi, con la condanna in abbreviato per uno dei responsabili delle società coinvolte, il gup Teresa De Pascale aveva convertito un sequestro da circa 500mila euro, disposto nelle indagini, in un risarcimento da 10mila euro a testa per 44 fattorini.

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