Melzo, drogata e violentata a 17 anni: una notte sequestrata nelle mani degli stupratori

Milano, due fratelli accusati di violenza sessuale di gruppo: per uno scatta il fermo, l’altro è irreperibile. La ragazza avvicinata in stazione e portata in un fast food

Violenza sessuale

Violenza sessuale

Ci sono un fermo, una minorenne stuprata e un secondo uomo in fuga. Sono le istantanee di una violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza adescata da due trentenni alla stazione di Melzo, portata in una casa, drogata, violentata per ore e rilasciata, ancora incosciente, il giorno successivo nella stessa stazione in cui i due l’avevano incontrata. Il mostro ha sempre un “viso buono“ e un approccio “seduttivo“. Stavolta ha il volto di due ragazzi, di origine indiana, belli e ben vestiti, di 32 e e 28 anni. Sono operai in una ditta del milanese, viaggiano a bordo di una Bmw, sono diretti a Milano, forse già con l’intenzione di cercare una preda perché nello loro auto gli investigatori troveranno benzodiazepine. Incrociano sulla loro strada la 17enne marocchina.

Lei ha appena litigato con i genitori, vuole trascorrere un pomeriggio lontano, a Milano. "Lo vuoi un passaggio? Anche noi stiamo andando a Milano". È così che ha inizio l’incubo. La giovane accetta il passaggio, sale sull’auto, i due si fermano in un fast food perché hanno sete e le offrono una cola, ma mentre lei è lontana, seduta al tavolo, versano una dose massiccia di benzodiazepine nella lattina. Quando la ragazza sale sulla Bmw è già in stato di semincoscienza e l’abuso sessuale inizia proprio lì, sul sedile dell’auto, per poi continuare nella casa di uno dei due che abita da solo. La ragazza resterà con loro, prigioniera e vittima di abusi sessuali che continueranno tutta le notte. La giovane non riprenderà mai conoscenza perché, probabilmente, i due continuano a drogarla, ma questo, a distanza di giorni sarà difficile da confermare. Durante la notte la giovane riceve sul cellulare un centinaio di chiamate dalla famiglia, che non vedendola rientrare, allarmata, sporge denuncia.

Il pomeriggio del giorno successivo, qualcuno risponde a quel telefono che continua a squillare: sono i due stupratori che hanno rivestito la vittima e l’hanno riaccompagnata nello stesso luogo in cui l’avevano adescata, la stazione di Melzo. Comincia la seconda parte del piano. Rispondere al cellulare, fingersi, con il padre di lei, di essere due passanti casuali. "Eravamo in zona per caso e abbiamo soccorso una ragazza che non si sentiva bene. Sua figlia è qui, distesa a terra alla stazione di Melzo". Le indagini cominciano quando la 17enne mette insieme alcuni flash: lei distesa e un uomo che ha una maglietta con il logo di una azienda, la stessa in cui lavora anche suo padre. Quel logo le resta impresso perché lo conosce già. Il cerchio si chiude quando uno degli stupratori mette su Instagram una foto di lei e lui abbracciati pensando che lei non ricordi nulla e nello sfondo si vedono le pareti della casa in cui si è consumato lo stupro. Quelle pareti e quella stanza saranno riconosciute dai carabinieri durante una perquisizione. Le indagini del quinto dipartimento della procura durano quasi un anno. Ci vogliono mesi per mettere insieme il puzzle e far scattare un fermo.

Dopo una prima perquisizione, uno dei due fratelli indiani riesce a fuggire, l’altro viene messo in stato di fermo perché si teme che si allontani. L’accusa è stupro di gruppo aggravata dalla minore età della vittima. L’aggressore si difende dicendo che lei era consenziente.

 

 

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