Botte e aggressioni in tutta Milano, fermata la gang della Bonola

Quattro ventenni arrestati, nove minori indagati. "Agivano come un branco"

Il codice postale del quartiere tatuato sul braccio

Il codice postale del quartiere tatuato sul braccio

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Milano, 2 aprile 2020 - «Quello che accomuna i quattro episodi è l’esecuzione in una stessa sera da parte dei componenti di un medesimo gruppo di giovani, arrivati nel centro di Milano proprio con l’evidente intenzione di aggredire fisicamente dei casuali malcapitati, di provocarne una reazione al sol fine di malmenarli, nonché di sottrarre dei soldi e un monopattino ad altri ragazzi sempre minacciandoli e aggredendoli, sempre con la forza intimidatoria propria del branco". Il gip Stefania Donadeo usa più volte la parola "branco" nell’ordinanza, emessa su richiesta dei pm Laura Pedio e Francesca Crupi, che ieri ha mandato ai domiciliari quattro ventenni incensurati, residenti a Bonola: sono accusati di quattro blitz tra la serata del 3 ottobre scorso e la notte del 4. Con loro c’erano almeno nove under 18, indagati dal capo della Procura dei minori Ciro Cascone e dal pm Ethel Ancona.

In alcuni casi, le vittime non sono riuscite ad attribuire "una precisa condotta ai soggetti presenti", anche perché aggredite da più parti e scaraventate su un ring a cielo aperto con decine di ragazzini (e ragazzine) a urlare e inveire. Per il giudice, questo "non incide sulla valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza", considerato che ci sono i filmati a inchiodare i presunti colpevoli: "Ciò che conta è la loro presenza nel gruppo degli assalitori, ciò che conta è la videoripresa di parte delle loro azioni". Le indagini degli agenti di Squadra mobile (coordinati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Alessandro Carmeli) e commissariato Sempione (guidati dal vicequestore Andrea Migliasso) hanno collegato tutti i raid avvenuti in vari punti del centro: una scia di violenza iniziata a Brera, proseguita a Chinatown e tracimata all’Arco della Pace.

Il primo blitz alle 22.40 in largo Treves: tre adolescenti vengono affrontati in strada da tre degli arrestati, che li minacciano e si fanno consegnare i portafogli. Passano due ore e mezza, ed eccoci davanti a un ristorante di via Fioravanti: "Che c. guardi? Chi c. sei?", le frasi provocatorie a un dipendente del locale. Un collega corre in aiuto, ma si prende uno schiaffo in faccia; e va peggio a un altro lavoratore, colpito con una testata. In pochi secondi, i malcapitati si ritrovano circondati da quindici ragazzini: uno dei baby criminali colpisce uno degli aggrediti con una mazza di legno; un altro utilizza una cintura nera a mo’ di frusta. Alle 2.26, la banda di Bonola torna in azione in piazza Sempione per derubare un ragazzino del monopattino: botte e lancio di bottiglie. Mezz’ora dopo, finisce nel mirino un ragazzo che sta festeggiando all’Arco il compleanno di un amico: "Mi hai chiamato, cog...?". Neanche il tempo di replicare che il giovane viene stordito con una testata e massacrato con calci e pugni quando è già a terra; portato al Niguarda, gli verrà diagnosticata la frattura delle ossa nasali. Non va meglio a uno degli amici intervenuti a sua difesa: frattura del capitello radiale del gomito destro. Avvicinato da due passanti, si sente dire: "Sono quelli di Bonola, fanno sempre così, non è la prima volta".

L’intervento tempestivo dei poliziotti del commissariato Sempione si rivelerà fondamentale per l’inchiesta: l’identificazione di tre dei sospettati permette di analizzarne profili social e contatti telefonici, nonché di estrapolare foto decisive per i riconoscimenti. Ieri la chiusura del caso. L’ennesimo, dopo quelli di via Gola e via Palmanova. Un’escalation esplosa in tempi di pandemia: "Credo ci sia stata un’accelerazione di alcune dinamiche che considero preesistenti – ha affermato il questore Giuseppe Petronzi –. C’è un grande sforzo da parte nostra con un presidio capillare del territorio con i commissariati e con l’atteggiamento preventivo e proattivo della divisione Anticrimine ( vedi cyber bullo di 15 anni ammonito, ndr )". Detto questo, è evidente che una questione così delicata non può essere affrontata solo in chiave repressiva, bensì necessita di "un approccio asimmetrico e multidisciplinare".

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