Tragico incidente a Vignate: figlio pirata, il papà si prende la colpa

Il frontale sulla provinciale, la fuga e la morte di una ragazza. Si costituisce, ma crolla dopo 4 giorni: "Ho mentito, volevo proteggerlo"

I soccorsi sul luogo dell'incidente

I soccorsi sul luogo dell'incidente

Vignate (Milano) 17 febbraio 2019 - Per quattro giorni ha cercato di sfuggire alle sue responsabilità e alla sua coscienza, sparendo. Ma la verità sullo schianto che nella nottata di sabato 10 era costato la vita a Vignate alla venticinquenne Chiara Venuti era ormai evidente agli inquirenti. E pronto il mandato d’arresto per Manuel Inchingolo, 33 anni, qualche precedente, di Carugate ma residente a Settala, ora ai domiciliari per omicidio stradale. Era lui, quella notte, al volante dell’Audi A6 che avrebbe provocato lo schianto con la Clio della vittima. Lui, non suo padre, il cinquantanovenne che i soccorritori trovarono sul posto, e che si addossò le colpe del giovane in fuga. Sul papà pende una denuncia per frode processuale. «È mio figlio – sarebbe crollato davanti agli inquirenti – e ho mentito. Ho cercato di proteggerlo». Manuel Inchingolo si è presentato in caserma a Melzo la notte di San Valentino. Da 48 ore i carabinieri di Cassano e Melzo lo cercavano.

Sin dalla notte della tragedia, sulla provinciale fra i campi fra Vignate e la frazione San Pedrino, gli inquirenti si erano resi conto che qualcosa non quadrava. Neppure un graffio per conducente dell’Audi A6. Non convincente il suo racconto. Subito le indagini, coordinate dal pm Donata Costa. Primo dubbio: la proprietà dell’auto, intestata al figlio. A inchiodare il giovane i tabulati del cellulare: era sul luogo del disastro. Pochi istanti dopo la sequenza di telefonate al padre. Una, due, tre. Poi la corsa del genitore. Il figlio era già sparito. I soccorritori in arrivo, chiamati da un passante. L’auto accartocciata nel campo, con tre ragazze incastrate a bordo: Chiara morta, le sue due amiche (ancora ricoverate) senza sensi. Quando gli inquirenti sono arrivati, per il padre devastato dall’angoscia, mentire è stato un attimo. Intanto il figlio, a quanto risulta, si rifugiava in casa di conoscenti. Nei giorni successivi i carabinieri hanno bussato più volte a casa dei genitori. Perquisizioni e un indiretto invito al pirata a presentarsi. La sera del 14 febbraio, l’arrivo in caserma. Immediato il fermo, convalidato dal pm. Durante l’interrogatorio il giovane avrebbe ammesso la propria responsabilità. «Non ero ubriaco», ha giurato. È stato sottoposto ai test. Ma è probabile che il risultato sia falsato dal tempo trascorso. Un epilogo «doloroso, ma rasserenante» per i familiari della venticinquenne, i cui funerali si sono tenuti ieri a Vignate. «Conoscere la verità – così il sindaco Paolo Gobbi – per loro era fondamentale».

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