In via Porpora 161 tra pusher, lucciole e sbandati

Via Porpora 161, lo chiamano il palazzo della trasgressione, per il quartiere, quella struttura fatiscente di cinque piani, è storicamente «Il Cairo». Storia lunga e mai risolta. Sette esposti solo negli ultimi tre anni e l’ottavo, firmato dai «vicini di casa»: 300 famiglie residenti in tutta la via di ANNA GIORGI

Allarme degrado in via Porpora (Newpress)

Allarme degrado in via Porpora (Newpress)

Milano, 5 febbraio 2016 - Via Porpora 161, lo chiamano il palazzo della trasgressione, per il quartiere, quella struttura fatiscente di cinque piani, è storicamente «Il Cairo». Storia lunga e mai risolta. Sette esposti solo negli ultimi tre anni e l’ottavo, firmato dai «vicini di casa»: 300 famiglie residenti in tutta la via. Spaccio, droga a fiumi, prostituzione, degrado e aggressioni. Illegalità in tutte le forme. Cento famiglie per cento monolocali, 30 intestati a italiani che a loro volta hanno affittato e molti stranieri subaffittato. Si è perso il conto di chi ci abita, di chi occupa, di chi risiede onestamente, di chi è stato messo lì ai domiciari per spaccio perché non ha altra residenza, di chi va solo a prostituirsi e di chi usa quei loculi che hanno il bagno sul corridoio, in comune per tutti, solo come deposito per la droga. Non c’è nemmeno più il controllo di chi entra ed esce dal cancello di ferro arrugginito che sbocca su via Porpora, perché ogni volta che è stata cambiata la serratura, puntualmente è stata forzata la notte stessa. Fa comodo a tutti poter entrare a uscire senza controllo. Alle prostitute della zona di piazza Aspromonte e ai pusher che ti accolgono appena entri all’inizio del cortile interno, proprio accanto alla buchetta delle lettere. Scassinata anche quella e con una serie di bollette della luce accastastate lì, alcune datate 2013.

«E chi la paga la luce qui – sospira uno dei proprietari, Paolo Grigolo –, si allacciano illegalmente e poi non si sa più chi è stato». Una battaglia persa, anche i residenti onesti rimasti sono prigionieri della loro stessa casa. Un monolocale nel palazzo fino a 15 anni fa costava circa 90mila euro, oggi nel costa 15. Meno di una garage. Nessuno può liberarsene. «Nel sottotetto, al sesto piano – aggiunge – ci sono immigrati che si accampano di notte, fumano, si drogano, accendono piccoli fuochi e qualche mese fa abbiamo rischiato l’incendio del palazzo. Droga, tanta, e gli spacciatori che lavorano instancabili, forse è il problema più grosso». Nell’ultimo esposto presentato alle forze dell’ordine, alla Prefettura, ai vigili e al Comune, si parla di intollerabili «atti osceni» consumati nelle parti comuni del condominio, anche di giorno, e di aggressioni. Di topi nei bagni sul ballatoio e di siringhe abbandonate. Alcuni hanno appeso un cartello davanti alla porta di casa nel tentativo di scoraggiare i delinquenti. «Questa casa è abitata, attenzione ho le telecamere».

«Ma tanto qui – dice un’anziana che abita il palazzo da 40 anni – nessuno parla italiano, nessuno capisce il mio cartello e io non faccio paura a nessuno». Al terzo piano c’è una porta sigillata: sequestro per reato. L’appartamento qualche mese fa era un deposito di cocaina. E al quinto piano c’è, ai domiciliari, lo spacciatore egiziano che prima stazionava all’angolo con via Accademia, cento metro oltre la porta del palazzo. Preso, arrestato, traffico trasferito nella cucina di casa sua. Ma il problema non è l’immigrazione in una città già globalizzata. Il «Cairo» è solo la conseguenza della totale mancanza di regole, della totale mancanza di legalità.

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