Milano, via Piero della Francesca: piccola Parigi dietro il Sempione

Tra botteghe storiche e locali à la page

Via Piero della Francesca a Milano

Via Piero della Francesca a Milano

Milano, 1 febbraio 2019 - Il visibile e l’invisibile, l’apparenza e lo sfumato, il dettaglio e l’insieme. Bisogna avere occhi speciali per capire la strada che si allunga per un chilometro tondo tondo da sembrare una bretella tesa tra piazza Firenze e piazza Gramsci, cuginetta, nella viabilità cittadina, del vicino e più blasonato corso Sempione. Perché via Piero della Francesca è un mondo: di memoria, di ricordi, di personaggi, di teneri aneddoti.

E di considerazioni. Che si caricano di emozione e affetto, raccontate ed espresse da Laura Cristina Messina, titolare del centro-stampa e copisteria al civico 40, ma anche presidente dell’AscoPier, una di quelle associazioni di via che hanno saputo andare oltre la mera aggregazione commerciale (150 circa gli esercizi in attività) per diventare davvero «la voce» di tutto un quartiere. Della serie: basta ascoltare, prendere appunti. Facile ricordare che un tempo, questo era il margine fisico tra Milano e la periferia; e che alla fine era stata provvidenziale l’apertura della stazione Bullona, con quel fiume di passeggeri e pendolari che ogni mattina allungavano il passo lungo Piero della Francesca, portando un indotto che col tempo avrebbe animato la vita economica e sociale di questa strada popolare. In anni più recenti, la vecchia stazione con il suo splendido stile Art Nouveau ha purtroppo chiuso i battenti, ma lei, via Piero della Francesca, non ha mai perso in appeal. Perché poche altre strade di Milano possono vantare altrettante «botteghe storiche» (almeno una dozzina), alcune addirittura secolari (come l’azienda Cella Combustibili e il negozio di Elettricità e Idraulica della famiglia Guffanti). Perché questa strana linea di asfalto viene percepita come sicura e tranquilla, insomma un posto dove si vive bene. E perché c’è un diffuso «senso di appartenenza» che non è facile trovare altrove, come rivela la «Festa della via» che nel maggio 2018 aveva trasformato la strada in una sorta di «quartiere latino» e che – così pare – verrà riproposta anche quest’anno.

Ovvio, nel frattempo è mutata l’utenza ed è evoluta anche la composizione sociale dei residenti. Sono arrivati locali alla moda, bar-lounge, vetrine pretenziose. Anche ristoranti di buon livello: tra tutti, il giapponese e «stellato» Iyo e da poco tempo anche il fratellino e super-innovativo Aji (Oriental Take-Away Delivery). Ha aperto i battenti perfino un delizioso ostello neo-urbano – il Gogol, all’angolo con via Chieti – che nella hall ospita un curioso Leonard’s Corner, amatissimo dai tanti estimatori del genio di Vinci.

E la strada ha gradualmente assimilato un nucleo residente di ceto medio-borghese, a conferma della buona immagine e dell’appetibilità della zona, anche se questo ha inevitabilmente spinto in alto i prezzi delle case (4.500-5500 euro al metro quadrato). E tra una chicca architettonica e l’altra, tipo la Ca’ Longa, bella «casa a ringhiera» al numero 34, c’è chi si ostina a definire questa eclettica strada milanese come una «Piccola Parigi», per via di alcune residenze liberty che ricordano gli scorci di Faubourg Saint-Honoré o di Saint-Germain. L’analogia forse è un po’ esagerata. Ma è sempre meglio un po’ di sana autostima che un’insana depressione.

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