Vent’anni da incubo, marito a processo "Maltrattamenti con metodo mafioso"

Violenze fra Sicilia e Lombardia: non ho niente da perdere, faccio una strage

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Viveva reclusa, spiata, vessata, picchiata e pedinata dalla famiglia del marito, legato a Cosa Nostra, con la paura che a sua figlia sarebbe toccata la stessa sorte. Un dramma lungo quasi 20 anni quello vissuto tra Sicilia e Lombardia da Marilena, 48 anni, sposata con un 54enne di Gela, rinviato a giudizio per maltrattamenti in famiglia aggravati dal metodo mafioso, al termine di un’indagine incrociata tra la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano e la Procura di Caltanisetta. Lei, finalmente libera dopo aver trovato la forza di denunciarlo, oggi vive in una località segreta, assieme a sua figlia. Accusate di maltrattamenti in concorso, anche le due sorelle e la madre dell’uomo. È il secondo caso in Italia nel quale un uomo viene accusato di maltrattare la moglie utilizzando il metodo mafioso.

I due, insieme da quando erano poco più che ventenni, hanno vissuto a Gela fino al 2007. Anni d’inferno. Quando la coppia si è trasferita a Busto Arsizio, dove viveva già una delle due sorelle del 54enne, la situazione è peggiorata ancora, fino a quando la moglie è riuscita a trovare una via d’uscita. E lui ha rivolto le sue minacce anche a una collega della donna: "Ho una cassa piena d’armi, non ho niente da perdere. Comincio a fare una strage".

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