Milano, Renato Vallanzasca: 46 anni di carcere l'hanno distrutto

La Procura chiede di ricalcolare la pena accessoria. La difesa: "Oggi è una persona diversa, serve una nuova perizia"

Renato Vallanzasca, all'apice della carriera criminale

Renato Vallanzasca, all'apice della carriera criminale

Milano, 19 gennaio 2023 - Renato Vallanzasca sta male fisicamente e anche psicologicamente. Provato – sostengono i suoi legali – da quasi cinquant’anni di carcere che hanno cancellato ogni ricordo di quel “bandito dagli occhi di ghiaccio” protagonista delle pagine di cronaca nera a partire dagli anni ‘70. Il re delle rapine, dei sequestri di persona, capo della “banda della Comasina”, autore di omicidi, è stato condannato in totale a 4 ergastoli e 295 anni di reclusione. Fine pena mai. Per via di un ricalcolo del cumulo di pene il pm Adriana Blasco dell’Ufficio Esecuzione ha avanzato ieri la richiesta di un prolungamento dell’isolamento diurno per ulteriori 6 mesi, anche sulla base della condanna, definitiva dal 2016, per la tentata rapina in un supermercato di due mutande, un paio di cesoie e del concime, commessa nel 2014, appena ottenuto la semilibertà.

Nel 2020 il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva già respinto la richiesta di liberazione condizionale e di semilibertà dell’ormai ex boss della Comasina nonostante una perizia redatta da un pool di esperti del carcere di Bollate accertasse il "cambiamento profondo, intellettuale ed emotivo del detenuto". "Vallanzasca non è più il criminale di un tempo – scrivevano allora i periti – ha avuto un cambiamento profondo durante questi 46 anni di carcere». Ieri nell’udienza davanti al giudice Ilaria Simi De Burgis i suoi legali hanno chiesto una nuova perizia per valutare la sua capacità processuale, perché, secondo la difesa, il 72enne non sarebbe più in condizioni di prendere parte ad alcun procedimento. Vallanzasca è un "uomo provato, sia nel fisico che nella mente, segnato ovviamente dai tanti anni di carcere e a volte appare anche un po’ spaesato". E i legali, a supporto delle dichiarazioni in aula, hanno depositato documentazione medica con valutazioni neurologiche. Il giudice dovrà decidere sulla richiesta di perizia e sull’ammissione dei documenti, la prossima udienza è fissata per marzo. Sempre la difesa ha chiesto al pm di applicare l’indulto sul cumulo pena che prevede lo sconto complessivo di 3 anni. Nel corso della sua carriera criminale, Vallanzasca è stato rinchiuso in 36 penitenziari, ha progettato o tentato la fuga (in alcuni casi gli è anche riuscita) da quasi ogni carcere in cui è stato. Nel 2010 con provvedimento della sorveglianza gli è stato concesso di uscire dal carcere, 12 ore al giorno, solo per lavorare.

L’ex “Brighella del Giambellino“ ha fatto il commesso in una pelletteria del milanese, poi l’aiutante in un negozio di abbigliamento, in provincia di Bergamo, e ancora il commesso in una ricevitoria. Il 30 maggio del 2011 però il Tribunale ha sospeso Vallanzasca dal beneficio del lavoro esterno perché l’ex bandito avrebbe utilizzato il tempo libero non per lavorare, ma, pare, per ricucire un vecchio legame sentimentale. Il “colpo“ che lo ha riportato dritto in cella lo mette a segno il 13 giugno del 2014. Durante il regime di semilibertà concessogli dal carcere di Bollate tenta di taccheggiare abbigliamento e un sacco di concime in un supermercato di Milano. Fine della semilibertà. Vallanzasca torna definitivamente in carcere, in isolamento. Sono passati altri nove anni. Il bel Renè dagli occhi di ghiaccio non esiste più, oggi è un’altra persona.

 

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