"Vallanzasca non si è pentito". I giudici: deve restare in carcere

Negata la libertà condizionale. "Nessun risarcimento alle sue vittime"

Renato Vallanzasca

Renato Vallanzasca

Milano, 21 aprile 2018 - Per ora resta dov’è Renato Vallanzasca, vale a dire in carcere a scontare i suoi quattro ergastoli. I giudici del tribunale di sorveglianza hanno respinto la sua richiesta di libertà condizionale dopo i quasi 45 anni trascorsi in cella, dichiarando poi «inammissibile» la domanda per la semilibertà (di giorno fuori, di notte dentro) perché non sono ancora trascorsi i cinque anni di legge dall’ultima condanna subita.

L’ex boss della Comasina, 68 anni, rimane dunque a Bollate anche se il direttore di quel carcere aveva espresso parere favorevole al suo ritorno in libertà, descrivendone il «cambiamento profondo», il «ravvedimento» che avrebbe dimostrato in questi ultimi tempi. I giudici però non ne sono convinti, come non lo era il sostituto pg Antonio Lamanna che aveva chiesto loro di respingere entrambe le istanze. L'intero «percorso» di Vallanzasca «è stato connotato – scrivono – da involuzioni trasgressive imputabili anche» alla sua «personalità». E non è «possibile ravvisare» in lui «il requisito del sicuro ravvedimento», richiesto invece dalla legge per la liberazione condizionale. Il tribunale di sorveglianza ricorda anche che il ‘bel René’ non ha «mai risarcito le vittime dei suoi gravissimi reati», anche quando «lavorando ne aveva avuta la possibilità» e che non ha mai «chiesto perdono o posto in essere condotte comunque indicative di una sua effettiva e totale presa di distanza dal vissuto criminale». Non basta – aggiungono – il «dato statico dell’aver partecipato al percorso di mediazione penale», ma va osservato se c’è stato un vero ravvedimento «in un vissuto» come il suo «particolarmente violento».

E i giudici ritengono anche «lapidarie» le parole dei mediatori che descrivono così un incontro tra l’ex bandito e il figlio di un uomo della scorta di Aldo Moro, ucciso in via Fani: Vallanzasca si è mostrato «disponibile a familiarizzare con alcune tematiche che nonostante i quasi quarant’anni di carcerazione non aveva ancora avuto modo di affrontare, neppure embrionalmente». C’è poi l’ultimo impedimento, per i giudici, quello legato al tentato furto al supermarket di due paia di mutande, forbici cesoie e concime per piante, che «depone in senso sfavorevole alla certezza del ravvedimento», anche perché in quell’occasione per difendersi Vallanzasca «ha costruito un ragionamento di complotto», sostenendo che a mettere la merce nella sua borsa per incastrarlo fosse stato un cugino della ex moglie. «Dispiace che un tentato furto di boxer di 4 anni fa abbia fatto ritenere ancora pericoloso un 70enne dopo mezzo secolo di carcere» commenta amaro il legale di Vallanzasca, l’avvocato Davide Steccanella. «Peccato che il tribunale non abbia condiviso l’importante lavoro fatto nel corso di questi anni dal carcere di Bollate, la mediazione iniziata e la disponibilità di una cooperativa seria come Il Gabbiano a prendere in carico Vallanzasca per la libertà condizionale. Ci vorrà altro tempo.

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