La Cattolica e le sue sedi: "Numeri, vocazione e valori. Solo così aprirle ha senso"

Franco Anelli: da sempre puntiamo a specializzarci

Franco Anelli, rettore della Cattolica

Franco Anelli, rettore della Cattolica

Milano, 20 gennaio 2018 - «La nostra è una storia particolare, cominciata quasi un secolo fa a Milano, ma con un’originaria prospettiva nazionale e oggi internazionale. La sede di Piacenza ha compiuto 60 anni da poco, siamo a Brescia da oltre 50 anni e così a Roma con Medicina e il Policlinico Gemelli. Non è però un decentrare, né un replicare alcuni corsi. Ciascuna sede ha infatti una sua specializzazione». Franco Anelli è rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Quali sono i criteri per cui l’ateneo ha creato altri quattro campus in tutta Italia, fra cui due in Lombardia?

«L’articolazione si lega alla storia della nostra università, siamo un’istituzione di tendenza, cultura e valori. Anche grazie al rapporto con le chiese locali, da noi giungono studenti da tutta Italia. Siamo a Piacenza e Cremona, nella Food Valley. La facoltà di Agraria è nata a Piacenza circa 60 anni fa, nella stagione della elaborazione della Riforma agraria per sostenere la modernizzazione tecnica e gestionale del settore. A Brescia siamo dal 1965, con l’istituzione della facoltà di Magistero, nata per formare insegnanti cattolici, che poi si e evoluta in corsi umanistici e scientifici che ha ampliato l’offerta formativa alla Psicologia e alle Scienze sociali. A Roma si vollero fortemente la facoltà di Medicina e il suo ospedale. Il criterio è stato quello di creare sedi distinte, con le loro specificità».

Ha ancora senso oggi avere più poli territoriali?

«In generale, ritengo che ogni sede universitaria debba avere una massa critica: ci devono essere i numeri e una certa consistenza di studenti che convivono, frequentando facoltà e linee di studio diverse, ma che ‘si parlano’. Serve un contesto ricco e vivace. Il modello, per noi, non è quello delle micro-sedi, sorte in tutta Italia uno o due decenni fa non di rado per l’ambizione di una comunità locale ad avere una sede universitaria. L’università non è un liceo, è necessaria una certa varietà disciplinare e un congruo numero di studenti e ricercatori attenti alle trasformazioni del territorio».

Quali saranno gli sviluppi?

«Stiamo potenziando le sedi esistenti: a Brescia abbiamo fatto un investimento importante per riqualificare parte del seminario e avere più spazi dove concentrare gli studenti. A Cremona, col sostegno della fondazione Arvedi-Buschini, sarà ristrutturato lo storico ex monastero di Santa Monica e avremo una nuova e più accogliente sede. A Roma la sede di Monte Mario è al centro di investimenti importanti».

E a Milano?

«Finalmente, dopo decenni, abbiamo cominciamo a lavorare alla creazione del futuro campus. I tempi non saranno rapidissimi perché dobbiamo ristrutturare prima la caserma Montello per consentire il trasferimento della Polizia e poi sistemare la Caserma Garibaldi, accanto alla sede di Largo Gemelli. Ma la macchina è avviata e c’è una vera unità di intenti con tutte le istituzioni coinvolte. Quest’anno verrà avviata la gara per la progettazione esecutiva della caserma Montello».

Anche perché mancano gli spazi.

«Siamo felici che le matricole continuino ad aumentare, ma soprattutto a inizio anno le aule talvolta sono sovraffollate. Ci saranno sicuramente soluzioni ponte per migliorare l’accoglienza degli studenti. Oggi a Milano abbiamo Largo Gemelli, via Carducci, Sant’Agnese e diversi altri edifici. L’obiettivo è creare un polo integrato a Piazza Sant’Ambrogio e avvicinare gli studenti delle sedi

più esterne».(4 - Fine)

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