Unità spinale, vent’anni di sogni fabbricati

Il centro del Niguarda per persone con lesione midollare o spina bifida ha festeggiato nei laboratori della Scala all’ex Ansaldo

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di Giulia Bonezzi

"I falegnami augurano buona visita", dice il cartello piazzato dalle maestranze della Scala perché sia visto da chi percorre le passerelle sopraelevate dell’ex Ansaldo con gli occhi sul lavoro loro e dei pittori che trasformano una tela in foresta, degli scultori di colonne e soldati in polistirolo. Visto soprattutto da chi sta visitando i laboratori del Piermarini in carrozzina, come una decina di pazienti ricoverati all’Unità spinale unipolare dell’ospedale Niguarda di Milano. Le uscite fanno parte del percorso di riabilitazione, ma quella di ieri era eccezionale, nell’ex Ansaldo da ventun anni fabbrica di costumi e scenografie leggendari per opera e balletto. Uno in più di quanti ne festeggiava l’Unità spinale, ospite della Scala, con pazienti ed ex pazienti, volontari, amici e sostenitori, personale passato e presente del centro che si prende cura di adulti e bambini con spina bifida e lesioni midollari.

E anche con momenti di musica-teatro, in questa "fabbrica dei sogni" che con l’Unità spinale del Niguarda, osserva Michele Spinelli che la dirige dal 2015, ha "tante analogie". Parecchie lacrime raccontano, insieme alle foto, una quotidianità difficile quanto "meravigliosa, umana e commovente", ha scritto Andrea Liverani nel libro sull’incidente che a vent’anni gli ha tolto l’uso delle gambe e sulla sua rinascita da tiratore paralimpico, bronzo a Tokyo con la carabina da 10 metri. All’Unità le persone "arrivano in un momento in cui la loro vita cambia, e costruiscono un nuovo percorso, con limiti ma anche opportunità", spiega Marco Bosio, direttore generale del Niguarda. Insieme a un’équipe di fisiatri, urologi, anestesisti, psicologi, fisioterapisti, terapisti occupazionali, fisioterapisti respiratori, che contano sulle competenze di tutti gli altri specialisti dell’ospedale e che sin dal nucleo originario vengono ingaggiati non solo per l’alta specializzazione, chiarisce Tiziana Redaelli, fondatrice e prima direttrice dell’Unità spinale, ma anche per la volontà di "lavorare in team".

Che è anche il succo di quell’"integrazione tra sociale e sanitario" alla base della rivoluzione oggi richiesta alla sanità, osservano il governatore Attilio Fontana e l’assessore comunale al Welfare Lamberto Bertolè, ma in Italia quell’idea di "riabilitazione globale", dalla presa in carico precoce al reinserimento sociale in un unico luogo, trent’anni fa aveva ancora le sembianze di un "castello incantato", chiarisce Redaelli citando un articolo di Betti Filippini sul Giorno nel 1993. All’epoca le persone con lesioni midollari erano costrette a passare da un ospedale all’altro, con prognosi spesso infausta per le più gravi "a meno che non avessero le risorse economiche per andare all’estero", ricorda Spinelli. Ed è, sottolinea Redaelli, "grazie alle associazioni", dalla pioniera Aus alla Asbin, che i cantieri si sono aperti nel ’99, l’Unità è stata inaugurata il 10 giugno 2002, e altri sogni si sono realizzati, dalla nascita di una "gemella" all’ospedale Cannizzaro di Catania al Centro Spina bifida che segue 300 bambini in tutta Italia, al crollo dei pazienti 25 enni con lesione completa, che in vent’anni, spiega Spinelli, sono passati dall’80% al 25%.

Intanto è cambiato anche il Niguarda, "da ospedale che ha un’Unità spinale a ospedale a misura di paziente con lesione midollare", sintetizza la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Letizia Moratti. E ricorda il progetto di ampliamento già finanziato per l’Unità spinale: perché non sia più costretta a rifiutare 30 pazienti a fronte di 80 ricoverati ogni anno, per abbattere la lista d’attesa del centro di neuro-urologia che pure fa 300 interventi l’anno. È il prossimo sogno da fabbricare, le associazioni ci stanno già lavorando.

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