Una storia importante. Da proseguire

Con l’accoppiata Escobar-Ronconi spettacoli memorabili. Successione delicata, cambiare farà bene

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Una storia importante. Come cantava Ramazzotti. Che ventidue anni sono qualcosa di imponente in un’istituzione pubblica. E forse è proprio tutto in quel numero cosi ingombrante il bilancio della direzione di Sergio Escobar al Piccolo. Quasi un quarto di secolo di successi teatrali. Ma anche un lunghissimo percorso che ha finito per stiracchiarsi, perdere spessore, immusonirsi. Tanto da spingere il direttore a chiudere in anticipo il mandato il 31 luglio. Probabilmente hanno pesato le polemiche sempre più furiose sulla necessità di un cambio drastico e la reiterata richiesta di una selezione pubblica. Finale amaro.

E ora è tempo di bilanci . A ripercorrere i 22 anni iniziati in piena tempesta alla morte di Giorgio Strehler. Con Sergio Escobar che assume il timone nel 1998 e fa subito un nome che cambia la storia: Luca Ronconi, chiamato a guidare gli affari artistici e la Scuola di Teatro. Nasce così un binomio di competenze intrecciate. Che si declina in spettacoli memorabili: il “Prometeo incatenato“, l’amatissimo “Professor Bernhardi“, la Lolita, il Sogno shakespeariano, “Infinities“, ovviamente. Che debutta l’8 marzo del 2002, negli ex laboratori della Scala in Bovisa. E poi ancora i più recenti progetti legati a Spregelburd (“Il panico!“) o la “Lehman Trilogy“ di Massini. Un teatro che detta la linea al resto del Paese. Mentre si sistemano i conti e aumentano gli ingressi, generosi, anche fra i più giovani. A livello politico il successo più grande rimane l’autonomia gestionale, che ha sancito l’unicità del palcoscenico milanese. Mentre dal punto di vista artistico, impossibile non ricordare la sensibilità del Piccolo verso le realtà del Mediterraneo, la coproduzione con Atene per l’“Odyssey“ di Bob Wilson nei momenti più neri della crisi greca (rispondere con la cultura all’emergenza sociale: dovrebbe insegnare qualcosa), le tournée in mezzo mondo, l’intuizione di lavorare con Toni Servillo per un paio di titoli che hanno sbancato i botteghini. E poi ancora le grandi ospitate internazionali: Dodin, Ivo van Hove, Lepage, Luk Perceval, Pommerat, Jan Fabre, Milo Rau.

Tutto positivo dunque? Non esattamente. All’interno qualcosa ha deragliato, come hanno più volte sottolineato i lavoratori. Le ultime produzioni (inter)nazionali non sono state all’altezza. Ma fra i limiti più importanti, c’è stato il non avere creduto nella nuova scena contemporanea, scommettendo quasi sempre su nomi già rodati. Peccato. Punto di svolta rimane comunque la morte di Luca Ronconi nel febbraio 2015. In quel momento qualcosa si è incrinato. La scelta di Carmelo Rifici alla direzione della Scuola ha permesso di unire personalità e continuità. Ma la nomina di Stefano Massini come consulente artistico ha presto perduto freschezza, rimanendo come impalpabile, povera di carisma. Cambiare farà bene.

Diego Vincenti

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