
Una settimana da clochard "Che dolore sentirsi invisibile"
di Alessandra Zanardi
Un viaggio nel mondo degli ultimi, un invito a guardare con occhi più attenti un’umanità che spesso fingiamo di non vedere. Così si potrebbe definire “L’Invisibile”, un docu-film sul tema dei senzatetto che verrà presentato ufficialmente il prossimo ottobre, a Milano, in occasione della giornata contro la povertà. A realizzarlo il regista Felipe Cilo Acevedo, che ha curato le riprese, e l’attore 38enne Gianluca Fumarola, che per una settimana si è mescolato ai clochard del centro di Milano, fingendosi uno di loro. Dalle notti trascorse all’addiaccio fino ai pranzi alla mensa dei poveri, era lo scorso gennaio quando l’attore, originario di Cerro al Lambro, ha deciso di vivere un’esperienza forte dal punto di vista fisico ed emotivo. "Ancor più del freddo pungente della notte, o dei crampi della fame, quello che fa male è l’indifferenza: per i passanti ero invisibile", racconta Fumarola, che attraverso questa esperienza si è sentito "catapultato in una dimensione che non conoscevo, angosciato dal non sapere come impiegare il tempo. Allora camminavo, oppure annotavo i miei pensieri. E sono tanti quelli riaffiorati durante quelle ore di solitudine. La cosa più difficile? Chiedere l’elemosina: in tre ore ho raccolto solo pochi euro". Comprensivo di alcuni interventi e contributi da parte dell’associazione City Angels, Regione Lombardia e Comune di Milano, il docu-film punta anche a indagare se e quanto sia presente, attorno a queste persone, una rete di supporto. "Dalle bevande calde alle coperte, gli aiuti materiali ci sono – spiega l’attore –: in più di un’occasione sono stato avvicinato da persone che offrivano generi di conforto. Quello che manca è un sostegno psicologico: molti clochard ne avrebbero bisogno per credere di più in loro stessi e avere la forza di risollevarsi. Da qui potrebbe partire anche un percorso di reinserimento sociale, per farli sentire utili e meno soli". "Spesso si pensa che i senzatetto siano persone con problemi economici – prosegue – ma molti hanno alle spalle anche situazioni familiari difficili, o si sono trovati ad affrontare gravi lutti. Questo ha generato una spirale che, nel tempo, li ha portati sulla strada".