Sangue a Quarto Oggiaro, i vicini: non aprivamo mai a quel folle

Il dolore dei residenti di via Trilussa. La vittima doveva partire il 22 luglio per Minorca insieme alla moglie

Gli agenti di polizia sul posto

Gli agenti di polizia sul posto

Milano, 1 luglio 2020 - «A Riva io ho aperto una volta sola la porta di casa mia. Era giorno e lui non era solo: c’era il fabbro che aveva bisogno di corrente per cambiargli la serratura di casa perché aveva perso per l’ennesima volta le chiavi. Se mi avesse citofonato nel cuore della notte, lo avrei ignorato. Lo conosco fin da quando è nato: animo buono, ma si è rovinato totalmente con la droga, schiacciato dalle sue fragilità". Piero Brambilla, 85 anni, è il vicino di casa di Tommaso Libero Riva, il quarantaseienne che ieri notte ha ucciso il pensionato Giuseppe Alfredo Villa, 68 anni, che abitava al terzo piano della scala C di via Trilussa 12. Esattamente sopra quello del suo assassino. Tra le famiglie della palazzina c’era come un tacito accordo: "Mai aprire la porta quando Riva è in preda alle sue follie". Sarà anche per questo che ieri notte non tutti sono usciti quando il silenzio è stato squarciato dalle urla. "Io ho sentito Riva gridare ma non gli ho dato peso, perché la sua era un’abitudine. Ho saputo solo al mattino che aveva ucciso il signor Villa", continua Brambilla.

Il discorso si sposta sul sessantottenne vittima della violenza insensata, per il quale i vicini non hanno che bei ricordi: "Una persona perbene, splendida – dice attraverso la porta la sua dirimpettaia –. Sono sconvolta, dovrà passare un po’ di tempo prima che possa riprendermi". Stando a quel che raccontano gli abitanti, Giuseppe Villa, con un passato da impiegato in una ditta di spedizioni di Como, viveva da una ventina d’anni in quell’appartamento signorile di via Trilussa insieme alla moglie Franca, "che da ragazza abitava già nella zona", spiega chi la conosce. I due non hanno avuto figli ed erano legatissimi, "una coppia affiatata che amava viaggiare". Gli amici mostrano foto che li immortalano sorridenti, felici durante momenti di svago e relax, seduti a consumare una cena oppure nel mezzo di una camminata. E, insieme, marito e moglie sarebbero dovuti partire per Minorca, da sempre il loro "paradiso per le vacanze", il 22 luglio.

A dire il vero , sottolinea sempre chi è vicino alla famiglia, "avrebbero già dovuto essere in Spagna, soltanto che delle visite mediche rinviate a causa della pandemia li avevano costretti a restare a Milano ancora per un po’". A proposito di problemi di salute, "avevo prestato a Giuseppe un apparecchietto per misurare il battito cardiaco, perché la settimana scorsa aveva avuto un po’ di tachicardia e all’ultimo momento aveva saltato una visita medica importante – racconta una vicina –. Attorno alle 20 di lunedì sono andata a riprendere la macchinetta a casa sua. Ora realizzo che è stata l’ultima volta che l’ho visto, mai l’avrei pensato. La morte che ha avuto fa venire i brividi: non lo meritava. Adesso però è il momento di stare vicini alla moglie rimasta sola". Nel cortile del condominio si parlava di lei, ieri pomeriggio: "È accorsa quando ha sentito il marito urlare e l’ha visto in un lago di sangue. Ma ormai nessuno avrebbe potuto salvarlo".

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