Ucciso a botte e abbandonato a Vanzaghello. Il padre lo riconosce grazie ai tatuaggi

È di un marocchino 34enne il corpo massacrato, seviziato e scaricato per strada. A Luino intanto nuova operazione nei boschi della droga

Gli inquirenti

Gli inquirenti

Vanzaghello (Milano) - Le foto dei tatuaggi sul corpo del giovane trovato morto in una piazzola di sosta a Vanzaghello hanno portato all’identificazione. La vittima, Tai il nome di battesimo, è un 34enne marocchino arrivato da poco in Italia dove viveva senza fissa dimora. È stato il padre a riconoscere i tatuaggi del giovane diffusi dalla squadra mobile di Varese, dopo che le impronte digitali non avevano portato a nessuna conclusione nella banca dati. L’uomo era stato trovato esanime e con segni evidenti di un pestaggio a sangue in una piazzola della statale che porta a Malpensa fra Vanzaghello e Lonate Pozzolo. Il padre dell’uomo aveva denunciato la scomparsa ai carabinieri di Corsico presentandosi in caserma nella giornata di domenica.

L’uomo vedendo i tatuaggi pubblicati sui media, e successivamente anche dai militari in caserma, è stato in grado di riconoscere il figlio: avrebbe spiegato che non sentiva il figlio ormai da giorni. Una volta chiamato dai carabinieri di Corsico è stato accompagnato all’obitorio ed ha riconosciuto il corpo dell’uomo. Nei giorni scorsi l’autopsia sul corpo del 34enne aveva svelato le ipotesi sulla morte che sarebbe stata causata da un fortissimo trauma cranico e facciale.

Il marocchino aveva anche le gambe spezzate e segni di bruciatura, come se fosse stato picchiato a sangue e seviziato per poi essere abbandonato ai bordi della superstrada, coperto da un telo di pile, ormai cadavere. In ogni caso si scava ancora nella vita del giovane per cercare di scoprire la verità sulla sua morte: il 34enne, questa l’ipotesi investigativa, potrebbe essere un pusher entrato di recente nel mondo dello smercio di droga nei boschi di zona e la sua fine potrebbe essere legata, come ipotizzato in un primo momento dalla magistratura, alla morte di Bouda Ouadia, avvenuta il 2 aprile nel bosco di Rugareto a Rescaldina. Un collegamento che indica la faida in corso fra narcos nordafricani lungo tutta la fascia boschiva dell’alto milanese, percorsa spesso e volentieri sui treni di zona che accompagnano pusher e consumatori fino alla soglia delle aree verdi destinate allo smercio di sostanze stupefacenti. Adesso la squadra mobile di Varese, alla quale sono affidate le indagini, dovrà indagare sugli autori materiali di quello che sembra un’esecuzione in piena regola, legata al mondo dello spaccio di droga nell’alto milanese. Un problema aperto, considerato che anche durante i delitti degli ultimi mesi lo spaccio nelle medesime zone non si è fermato.

I controlli degli scorsi giorni nelle stazioni a Vanzaghello e Rescaldina hanno per ora allontanato spiacevoli incontri, ma nelle aree boschive tutto continua esattamente come prima come ad esempio in Valganna, coi carabinieri di Luino che hanno bloccato tre nordafricani intenti a spacciare. I tre erano a bordo di un’autovettura condotta da un italiano di 29 anni residente nel Varesotto. Addosso avevano 6 telefoni cellulari che servivano per l’attività di spaccio. I fermati sono due marocchini di 26 anni, entrambi irregolari, portati poi nel carcere dei Miogni a Varese. Il terzo marocchino, un 43 enne irregolare, è stato denunciato in stato di libertà. Nell’ultimo mese a Luino i carabinieri hanno arrestato dieci persone, di cui otto marocchini clandestini. Sempre ieri gli agenti della Squadra Investigativa del Commissariato di Gallarate hanno tratto in arresto a Samarate due cittadini marocchini, già noti nel mondo dello spaccio di droga, colti nella flagranza del reato di spaccio di stupefacenti: sequestrati 50 grammi di cocaina destinati con ogni probabilità allo spaccio al dettaglio. Uno di loro, al momento dell’arresto, si trovava con la figlia di 4 anni.

 

 

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