Caporalato, Uber commissariata: rider pagati tre euro a consegna

Provvedimento dei giudici di Milano: sfruttava migranti tramite società di intermediazione

Uno dei tanti fattorini in bicicletta per le strade di Milano

Uno dei tanti fattorini in bicicletta per le strade di Milano

Milano, 30 maggio 2020 - Un provvedimento destinato a fare giurisprudenza e a cambiare una fetta consistente, quella senza regole, dei "gig worker". La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto ieri l’amministrazione giudiziaria, cioè il commissariamento, di Uber Italy srl, la filiale italiana del gruppo americano, per "caporalato" e in particolare per lo "sfruttamento dei rider addetti alle consegne di cibo per il servizio Uber Eats".

Per i giudici di Milano, la filiale italiana dei colosso di San Francisco, attraverso società di intermediazione di manodopera, avrebbe "sfruttato migranti provenienti da contesti di guerra, richiedenti asilo e persone che dimoravano in centri di accoglienza temporanei e in stato di bisogno, pagandoli 3 euro a consegna". Ma non solo, per l’accusa, l’emergenza Covid e l’esplosione dei servizi di consegna a domicilio "avrebbe provocato anche reclutamenti a valanga e non controllati di fattorini, in un regime di sopraffazione di soggetti reclutati in una situazione di emarginazione sociale, aggravata dall’emergenza sanitaria. Nel periodo del lockdown - si legge ancora - l’utilizzo dei rider è progressivamente aumentato a causa dei restringimenti alla libertà di circolazione".

Tante le testimonianze dei rider sfruttati, che sono state messe a verbale e che emergono oggi dalle carte del decreto a firma dei giudici Fabio Roia, Veronica Tallarida e Ilario Pontani. Racconti da cui emerge uno sfruttamento ai limiti della schiavitù. "La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall’ora". La risposta di un indagato a cui un rider aveva dato dello schiavista: "Ho solo minacciato di venirti a rompere la testa e lo ribadisco (...) ti vengo a prendere a sberle, ti rompo il....". I fattorini erano assunti con finti contratti scritti a penna, e costretti a firmare condizioni assurde come "10 euro al giorno forfettari e 2 per ogni consegna, oppure in alternativa 3 euro a consegna". Si impegnavano poi a pagare penali assurde: 80 euro in caso di perdita o rottura della borsa di lavoro. Le cifre a consegna erano peraltro indipendenti dalla lunghezza della tratta da percorrere. Uber per parte sua fa sapere: "Condanniamo ogni forma di caporalato attraverso i nostri servizi in Italia".  

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