Milano, all'Istituto Europeo di oncologia caccia ai tumori col 'navigatore'

Il sistema di 'imaging integrato Eco-Angio-Tac' permette di aggredire esattamente il cancro risparmiando tutto il resto

La nuova sala di Radiologia interventistica dello Ieo col sistema integrato eco-angio-Tac

La nuova sala di Radiologia interventistica dello Ieo col sistema integrato eco-angio-Tac

Milano, 17 aprile 2019 - I Radiologi interventisti manovrano l’ago per la termoablazione di un tumore al rene (ed è un paziente con un unico rene, che se si sottoponesse alla chirurgia dovrebbe andare in dialisi e mettersi in attesa di un trapianto) osservando un maxischermo che rimanda un’immagine in 4D, dove la quarta dimensione non è il tempo ma la «funzione». Una specie di Google Earth dell’infinitamente piccolo, per “navigare” nel corpo umano e vedere, ad esempio, anche quali vasi portano il sangue a una lesione. Per aggredire esattamente il cancro (con farmaci, o laser, o radiofrequenze, microonde, ultrasuoni), risparmiando tutto il resto.

Siamo nella pancia dell’Istituto europeo di oncologia, dove da una settimana funziona una sala di radiologia interventistica con un sistema di «imaging integrato Eco-Angio-Tac». È il primo in Italia, l’ottavo in Europa, ce ne sono 120 in Giappone, il Paese del suo inventore, Yasuaki Arai, che al National Cancer Center Hospital di Tokyo, all’inizio degli anni ’90, ebbe per primo l’intuizione di mettere insieme sala angiografica e Tac (negli ospedali possono trovarsi anche in edifici separati) e combinarne le informazioni per aumentare la precisione della radiologia interventistica (Ri). Cioè, terapie mininvasive sviluppate di pari passo con tecnologie sempre più potenti in grado di rimandare immagini dall’interno di noi.

Ma «questa enorme mole enorme d’informazioni dev’essere sintetizzata», ricorda Franco Orsi, direttore della divisione di Ri dell’Ieo, inaugurata nel 2015, che è stata la prima in Italia con letti propri (alcuni pazienti hanno bisogno di un paio di giorni di osservazione) e l’anno scorso ha eseguito più di 2.200 procedure, più di metà «di tipo maggiore», cioè «curative», chiarisce il direttore scientifico dell’Ieo Roberto Orecchia. Ora, questo sistema di imaging ibrido di ultima generazione, costato oltre un milione di euro e montato all’Ieo in quattro mesi di lavori, è in grado di “fondere” le informazioni che arrivano dall’ecografia, dall’angiografia e dalla Tac – qualcosa che prima, sottolinea Orsi, «avveniva solo nella testa dell’operatore» – in tempo reale, velocizzando gli interventi, riducendo la dose di radiazioni ai pazienti, permettendo ai “radiochirurghi” di mirare meglio il tessuto patologico e sapere subito se l’hanno centrato.

Le applicazioni, chiarisce Orecchia, spaziano dai tumori primari del fegato e del rene (anche piccolissimi, sfruttando il vantaggio di una diagnosi precoce), alla “riparazione” delle ossa, alle metastasi, anche del polmone. «Oggi l’immunoterapia rende possibile “cronicizzare” la malattia nel paziente metastatico – ricorda il professore –. Questi trattamenti possono essere combinati coi farmaci target per tenerla sotto controllo». Anche perché ci sono casi eclatanti in cui si è osservato che questi metodi di “distruzione” della massa tumorale «hanno determinato la messa in circolo di antigeni che stimolano la risposta immunitaria del paziente, con l’effetto di ridurre anche lesioni non trattate». «Per noi – conclude il direttore scientifico – questo è un altro passo verso una medicina di precisione», che moduli farmaci e terapie non solo sulla malattia, ma sul singolo paziente in un determinato momento.

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