Facevano la cresta su indennità di disoccupazione ottenute con la truffa: condannati

A processo due commercialisti: simulavano l’avvio di nuovi improbabili impieghi seguiti da finti licenziamenti. Coinvolta una quindicina di persone

I commercialisti a processo con l'accusa di aver truffato l'Inps (Archivio)

I commercialisti a processo con l'accusa di aver truffato l'Inps (Archivio)

Milano – Due commercialisti milanesi sono stati condannati a un anno e 6 mesi e a un anno e 4 mesi di carcere per una truffa ai danni dell’Inps. La frode sarebbe stata commessa attraverso fittizie assunzioni seguite da fittizi licenziamenti, con lo scopo di far ottenere a chi in realtà non aveva mai prestato alcuna attività lavorativa l’indennità di disoccupazione. Indennità su cui i professionisti secondo l’accusa facevano la “cresta“ trattenendone una parte.

La sentenza

A pronunciare la sentenza di primo grado è stata ieri la quarta sezione del Tribunale, presieduta da Angela Scalise, che ha condannato Stefano Giuseppe Macrì e Salvatore Giorgi, con studio in corso Vercelli, anche al pagamento delle spese processuali. Il collegio ha inoltre dichiarato molte prescrizioni e ha assolto alcuni imputati.

Residenza in Calabria

La vicenda, al centro delle indagini del pool truffe della procura, guidato dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco, era venuta a galla in modo casuale per via di una denuncia presentata a Varese. In particolare, secondo la ricostruzione, le persone assunte e licenziate fittiziamente da società inattive con sede nel capoluogo lombardo, sarebbero state una quindicina, tutte residenti stabilmente in Calabria, tra Locri e San Luca, comuni da cui non si sarebbero in realtà mai mossi. Un trucco reso possibile ovviamente dalla capacità di infilarsi nelle pieghe delle pratiche burocratiche ad opera di chi era perfettamente in grado di approfittarne, secondo la Procura.

Un sistema “diffuso”

Il denaro percepito ingiustamente dai lavoratori “fantasma“, per un totale di qualche milione di euro, sarebbe stato poi accreditato su carte ricaricabili anche se non è emersa con chiarezza la percentuale che sarebbe finita invece nelle tasche (e poi nelle casse dei due commercialisti finiti a giudizio).

Nonostante tutti gli episodi, eccetto uno, siano andati in prescrizione, l’indagine, come è stato riferito, ha consentito di squarciare il velo su un sistema "diffuso". L’episodio per cui ieri è stata emessa sentenza nei confronti dei due commercialisti riguarda una truffa da circa 18 mila e 200 euro ai danni dell’Istituto Nazionale di Previdenza, che è parte offesa nel procedimento.

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