Diamanti, un affarone. Per le banche

Il pm: "Società venditrici riconoscevano anche il 18% di provvigione"

Diamanti

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Milano, 21 febbraio 2019 - Vasco e gli altri. Sarebbero migliaia i truffati dalla “cresta” sui diamanti. Fu il Banco Popolare, poi diventato Banco Bpm dopo la fusione, a proporre a Vasco Rossi l’acquisto di pietre preziose a prezzi gonfiati. E la rockstar avrebbe versato con tre bonifici quasi 2 milioni e mezzo. È uno dei dettagli che emerge dalle carte dell’inchiesta della Procura che ha portato la Guardia di finanza ad eseguire un maxi sequestro, anche a carico di 5 banche, tra cui Banco Bpm, da oltre 700 milioni per una presunta truffa sui preziosi presentati come «investimento», mentre valevano fino all’80% in meno di quanto i clienti li pagavano.

«Nella mia carriera ed esperienza bancaria non ho mai visto alcun prodotto che garantisse alla banca un rendimento del 15%», ha messo a verbale un direttore di filiale del Banco Popolare (ora Bpm), spiegando agli investigatori quanto fosse redditizia, in termini di «commissioni» per gli istituti di credito, la vendita di quelle pietre. Con «l’investimento in diamanti», ha ribadito un bancario di Unicredit (anch’essa indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti) «la banca aveva un ritorno del 18%, pertanto nove volte maggiore», rispetto ad altri prodotti. Un affare con cui le banche avrebbero “irrobustito” i bilanci in una fase di crisi.

Sull’altro fronte, le testimonianze dei risparmiatori raggirati, circa 120 quelli individuati tra cui altri vip come Federica Panicucci, Simona Tagli e l’industriale Diana Bracco, anche se lo stesso gip Natalia Imarisio precisa che i presunti truffati sono nell’ordine di «decine di migliaia», con un picco nell’area di Verona.

I clienti hanno raccontato che sono stati indotti «in errore» con il «contributo determinante dei consulenti finanziari o dei direttori delle filiali» che «da anni» conoscevano, di cui si fidavano e da cui avrebbero ricevuto «informazione false» e «fuorvianti». In più, l’acquisto dei diamanti «veniva proposto e non solo segnalato, a volte in modo insistente, occupandosi il bancario in prima persona» delle trattative.

Le due società che vendevano i diamanti - Idb e Dpi - si legge ancora negli atti, si erano «di fatto spartite le banche»: Banco Bpm e Unicredit «collaboravano» con Idb, Intesa Sanpaolo e Mps con Dpi. Banco Bpm ha voluto precisare da parte sua che le contestazioni «si riferiscono all’attività di segnalazione a Idb della clientela interessata all’acquisto di diamanti nel periodo che va dal 2003 al 2016, e dunque prima della data della fusione tra Banco Popolare e Bpm». Intesa San Paolo invece «ricorda di aver inviato, oltre un anno fa, a tutti i clienti interessati dalla vicenda una lettera in cui dichiarava la propria disponibilità a riacquistare i diamanti allo stesso prezzo pagato originariamente. Ad oggi il 60% circa dei clienti ha richiesto ed ottenuto la rivendita dei diamanti». E il presidente di Mps, Stefania Bariatti, ha affermato che l’istituto sta già «rimborsando al 100% i clienti». Secondo i pm, la complicità delle banche sarebbe stata ripagata con regalie varie, anche «oggetti di archeologia».

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