Trezzo sull'Adda, sgombero dei Sinti: Barbara e Maurizio Reinard chiedono 342mila euro

È Il conto presentato dalla famiglia al Comune "per danni patrimoniali e morali". La replica: non dobbiamo nulla, pretese infondate

Maurizio e Barbara Reinard

Maurizio e Barbara Reinard

Trezzo sull'Adda - "Dieci euro al giorno per ciascun membro della famiglia messo fuori casa ingiustamente". È una delle voci del conto che Barbara e Maurizio Reinard hanno presentato al Comune. Totale, 342mila euro, "ci sono anche i soldi dell’Inps persi da nostro figlio disabile perché ci hanno tolto dal cancello la cassetta della posta per nove volte e quasi per un anno non abbiamo ricevuto le lettere dell’istituto", ricorda la famiglia Sinti sfrattata da Trezzo nel marzo 2018, "senza preavviso, con le forze dell’ordine in tenuta anti-sommossa, come se fossimo criminali".

Nel computo "ci sono anche 20 piante da frutto tagliate gratuitamente e tante altre voci". A quattro anni di distanza dai fatti la battaglia legale fra la giunta e i proprietari delle villette di via Brasca - "finora abbiamo incassato solo sentenze favorevoli" - non è finita. Francesco Lilli, avvocato della coppia, ha scritto al Municipio sperando in un accordo extragiudiziale. Ma da Villa Appiani la risposta è stata secca, tre righe dove si ribadisce che "non dobbiamo nulla e che le pretese sono infondate". "È la prima volta da quando è cominciata questa storia che ricevo un cenno dalla controparte", sottolinea il difensore. La quantificazione dei danni patrimoniali e morali arriva "dopo che il Tar ha annullato l’abbattimento della Casa della Legalità che per i giudici era abusiva". L’amministrazione, dopo un restyling, aveva affidato gli stabili sgomberati all’associazione Foxpol, che si occupa di promuovere la sicurezza, "ma per i magistrati la sede era fuorilegge", ricorda Lilli.

Per Barbara e Maurizio "nessuno dovrebbe essere costretto a perdere tutto quel che ha costruito in un attimo come è successo a noi. Quella mattina - raccontano - le ruspe hanno distrutto ogni cosa: i giocattoli dei nostri tre bimbi e tutto quello che avevamo accumulato in tanti anni di vita. Hanno sempre detto che le case erano fuori norma, ma noi avevamo pagato il condono del governo Berlusconi". Una circostanza contestata da Danilo Villa, oggi assessore all’Urbanistica, allora sindaco. "Ogni tassello nuovo di questa vicenda non cambia la sostanza: le abitazioni sono abusive e non condonabili perché costruite nel perimetro del Parco Adda Nord, dove non si può muovere un mattone". "Ora - aggiunge - si tratta solo di spostare ciò che compete a ciascuno, i giudici ci invitano a un contraddittorio per ripartire le spese, un primo appuntamento a settembre è andato a vuoto: non si è presentato nessuno. Ne abbiamo un altro a inizio dicembre. Ma una cosa è certa: prima o poi quegli stabili andranno demoliti".

 

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