Treno deragliato a Pioltello, tragedia da rischio 'calcolato'

Prime indiscrezioni dalla perizia tecnica sul tratto di rotaia: allarme ignorato per abbattere i costi

Il giunto oggi, con traversa doppia a agganci nuovi e avvitati

Il giunto oggi, con traversa doppia a agganci nuovi e avvitati

Milano, 1 dicembre 2018 - Il tempo è denaro. Fermare i treni per sostituire i binari è complicato e costoso. Meglio forse tirare avanti e correre qualche rischio, se non si può farne a meno. C’è voluta una tragedia perché si intervenisse con le tecniche e i dispositivi più moderni.

Sarebbe questa, in pillole, l’ipotesi sconvolgente, in termini di sicurezza, sollevata dalla maxi-consulenza disposta dalla magistratura sul disastro di Pioltello, il convoglio Cremona-Milano con più di 300 pendolari a bordo deragliato il 25 gennaio scorso con tre morti e una cinquantina di feriti. L'allarme per il “punto zero”, il giunto usurato che quella mattina perse un pezzo facendo uscire il treno dai binari, in realtà era scattato da tempo. Ma nessuno era intervenuto. Per sostituire i binari bisognava bloccare la linea, fermare i treni, bandire un appalto e trovare soluzioni alterntive. E quella è una tratta trafficatissima: meglio forse far finta di niente e correre qualche rischio, potrebbero aver pensato i gestori della rete stando all’ipotesi agli atti dell’indagine. Così, tra fine novembre e inizio dicembre, quando durante uno dei soliti giri di controllo un operaio vide il giunto nelle condizioni in cui era, ci mise una pezza infilandogli sotto uno zoccolo di legno e via. Ma non è bastato.

Per il deposito della consulenza tecnica sul disastro serve ancora un po’ di tempo. Il termine scadeva ieri, ma i consulenti della Procura, delle difese e delle altre parti interessate hanno chiesto ancora un paio di settimane per poter completare il loro lavoro. Dopo la tragedia, quel pezzo di binario, tavoletta di legno compresa, venne sequestrato dalla magistratura insieme all’intero tratto di rotaia e messo sotto chiave in un deposito a Greco. Lì è stato sezionato e analizzato dagli esperti anche con sofisticate apparecchiature per cercare di capire cosa lo avesse ridotto così. Sono state realizzate pure alcune stampe in 3D del pezzo staccato per condurre alcuni esperimenti. La conclusione avrebbe però messo in luce non un problema di costruzione, ma quello legato alla semplice usura. E agli atti ci sono anche testimonianze che aiutano a ricostruire gli eventi. Da quel poco che filtra, in attesa del deposito della relazione finale che a causa degli ultimi accertamenti potrebbe anche slittare a gennaio, si sarebbe trattato insomma di una tragedia, se non annunciata, per lo meno immaginata.

Quel tratto di rotaia ribattezzato da subito “punto zero”, compreso il giunto sorretto dalla zeppa di legno e coperto dalle ganasce, era vecchio, ma soprattutto usurato. Rete ferroviaria italiana (Rfi) - la società che si occupa della manutenzione dell’intera rete nazionale - sapeva, ma avrebbe tirato a campare forse per questione di appalti, per la difficoltà dei lavori e i disagi che una chiusura della tratta avrebbe provocato. Saranno poi gli inquirenti ad individuare chi, all’interno di Rfi, avesse il compito di intervenire e come mai non l’abbia fatto. Sei degli otto indagati per disastro colposo e omicidio colposo plurimo appartengono a Rfi: l’ad Maurizio Gentile e il direttore di produzione Umberto Lebruto, insieme a quattro tecnici che da quest’ultimo dipendono.

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