Treno deragliato a Pioltello, Ryan si unisce ai soccorsi: "Tutti gridavano aiuto"

Il 41enne, originario della Romania, da Treviglio stava raggiungendo Milano per iniziare il turno di lavoro come impiegato

Il disastro ferroviario di Pioltello

Il disastro ferroviario di Pioltello

Milano, 26 gennaio 2018 - Ha cercato di estrarre una delle vittime Ryan Ciprian, 41 anni, originario della Romania che da Treviglio stava raggiungendo Milano per iniziare il turno di lavoro come impiegato. All’improvviso si è trovato sbalzato dal sedile, ammassato agli altri passeggeri di quel treno maledetto.

Cosa ricorda di quei terribili momenti? «Avevamo appena passato la stazione di Pioltello, io mi trovavo nella terza carrozza, quella che si è staccata e distrutta. Ho cominciato a sentire un rumore, dal finestrino vedevo che i sassi saltavano dai binari, verso la banchina: il vagone era uscito dai binari e slittava. Poi ho visto volare le ruote».

Poi cos'è successo?  «Ho sentito un botto, poi fumo e polvere che si alzava. I sassi colpivano i finestrini. I vagoni si sono accartocciati come una lattina. Era tutto buio, facevamo luce con i telefonini. Una ragazza era finita sul tetto del vagone. Solo quando è sorto il sole ci siamo resi conto di quello che era successo».

Gli altri passeggeri cosa facevano? «Urlavano disperati, alcuni cercavano i familiari, gli amici. Sentivo urlare "Anna, Pierangela", nomi di chi era rimasto incastrato nella carrozza, che non riusciva a uscire perché le porte erano bloccate. Qualcuno ha preso dei sassi e ha spaccato i vetri per tirare fuori i feriti. Anche io ci ho provato».

E ci è riuscito? «No, era una delle vittime. Ho provato a tirarla fuori, era incastrata, sembrava svenuta. Le ho detto "alzati, alzati", ma era bloccata. Sono andato a chiamare i soccorsi. Ho urlato "attenti ai fili", quelli della corrente che penzolavano. Da dentro il treno si sentiva "aiuto vi prego", allora ci siamo messi a tirare le porte per aprirle».

Quante persone ricorda? «Vicino a me c’erano cento persone almeno, ho nelle orecchie ancora le urla. Persone sdraiate sui binari. Poi è arrivato anche qualche parente. C’era un uomo che aveva la moglie sul treno. Non riusciva a contattarla al telefono, allora è arrivato lì in macchina. Gridava il suo nome. Ho avuto paura: forse era il marito della donna che ho cercato di salvare».

Poi sono arrivati i soccorsi... «Sì, era pieno di ambulanze, elicotteri, ci hanno portato nelle palestre dove ci hanno controllato. Sono stati bravissimi: hanno organizzato tutto, c’era<WC>no<WC1> cibo e bevande calde. Sono rimasti con noi fino alla fine. Poi i pullman ci hanno riportato a Milano o Treviglio. Ed è stata la fine di un incubo».

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