Tre giorni di scuola, 37 classi in quarantena

La situazione dall’asilo alle superiori tra il Milanese e il Lodigiano. Ma servirà un mese per valutare l’effetto-freno dei vaccini

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di Giulia Bonezzi e Federico Dedori

Ieri, a tre giorni dall’inizio dell’anno scolastico in Lombardia, erano 37 le classi già tornate in didattica a distanza tra il Milanese e il Lodigiano dopo che la scoperta di almeno un alunno positivo al coronavirus ha fatto scattare la quarantena per i suoi compagni, tutti considerati per decreto "contatti stretti". Il numero potrebbe sembrare elevato se non si considerasse che è riferito agli istituti d’ogni ordine e grado a partire dai nidi e dalle scuole dell’infanzia che a Milano hanno riaperto dal 6 settembre; e che buona parte dei bambini e dei ragazzini tornati in classe non sono vaccinabili, non avendo compiuto i 12 anni, mentre nella fascia dei 12-19 enni, pur arrivata, ieri, al 74% di adesioni alla campagna considerando la popolazione Istat (e all’83% basandosi sull’anagrafe regionale, che censisce complessivamente 46.726 lombardi in più, ma 82.855 adolescenti in meno rispetto all’Istituto nazionale di statistica), i vaccinati dal coronavirus con doppia dose raggiungono per ora il 54% o il 60% del totale, a seconda delle platee.

Riflessioni che non consolano della beffa i diretti interessati, come gli studenti di una classe dell’istituto alberghiero Carlo Porta di Milano che dopo nemmeno una settimana sui banchi - le lezioni erano iniziate al 100% in presenza giovedì scorso - lunedì si sono ritrovati in quarantena quando un compagno è risultato positivo al tampone. "Abbiamo attivato subito la didattica a distanza per l’intera classe per dare continuità alle lezioni. Gli alunni non hanno perso tempo e da casa stanno continuando a studiare", assicura la preside Rossana Di Gennaro. La Dad avrà durata diversa per i compagni a seconda che siano vaccinati oppure no: se hanno ricevuto l’ultima dose da almeno 14 giorni, ne basteranno sette di quarantena più un tampone negativo; in caso contrario dovranno restare a casa dieci giorni prima di rientrare, sempre previo test negativo, nelle aule di via Uruguay 26. "Sfortunatamente è una situazione alla quale ci siamo già abituati con lo scorso anno – sospira la dirigente scolastica –. Con l’arrivo dell’autunno i casi potrebbero aumentare, bisogna farsi trovare pronti. Noi ci siamo già attrezzati".

Dopo il primo lockdown che le chiuse a metà dell’anno 2019-2020, le scuole sono state una cartina al tornasole dell’andamento della pandemia, anche perché strettamente monitorate dall’Ats Metropolitana. E un anno fa la progressione esponenziale all’inizio dell’anno scolastico, quando i positivi registrati nelle classi dei Milanese e del Lodigiano raddoppiarono inesorabilmente di settimana in settimana dai 26 censiti tra il 14 e il 20 settembre 2020 ai 2.616 del picco nella prima settimana di novembre, telefonò l’arrivo della seconda ondata pandemica. Seguirono zone rosse e arancioni con stop and go della didattica in presenza per i più grandi, e altre tre settimane di chiusura prima di Pasqua, per frenare la terza ondata sospinta dalle varianti, che nelle scuole di Milano e Lodi toccò un altro picco di 923 contagiati e quasi 10.500 quarantenati tra alunni e personale la prima settimana di marzo. Comunque meno di metà dei quasi 25mila che l’Ats aveva messo in Dad la prima settimana del novembre nero 2020, quando il Milanese arrivava a quattromila casi totali di coronavirus quotidiani, la città a duemila quasi, e di classi, tra l’area metropolitana e il Lodigiano, ne finivano in quarantena anche un centinaio in un giorno.

Se in primavera il freno l’hanno tirato le chiusure, la speranza è che stavolta ci pensino i vaccini, ostacolando la corsa del virus ma soprattutto la pressione della malattia sul sistema sanitario. Anche perché l’anno scorso, nel primo mese di scuola, i casi settimanali complessivi nel Milanese aumentarono “solo” di 10 volte tra i bimbi fino a dieci anni, di circa venti volte tra giovani e adulti, e di oltre 50 volte tra i ragazzi da 10 a 19 anni. Buona parte dei quali, adesso, dal coronavirus si può vaccinare.