Muore dopo trapianto, pm: "Cuore idoneo". Chiesta archiviazione per cinque medici

I medici erano accusati di omicidio colposo per la morte di un 61enne romano, avvenuta nel settembre 2016

Un medico (foto repertorio)

Un medico (foto repertorio)

Milano, 16 luglio 2018 - Dagli esami strumentali e clinici il cuore e apparso "idoneo" al trapianto e quindi non c'è alcuna responsabilità medica. È in sintesi la motivazione con cui il pm di Milano Francesco De Tommasi ha chiesto di archiviare l'inchiesta a carico di cinque medici, due del San Raffaele di Milano e tre del San Camillo di Roma, accusati di omicidio colposo per la morte di un 61enne romano, avvenuta nel settembre 2016, dopo essere stato sottoposto al trapianto di un cuore prelevato all'ospedale fondato da Don Verzè ad un 48enne milanese.

Il pm De Tommasi, del pool ambiente, salute, lavoro coordinato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, ha chiesto l'archiviazione del caso in particolare dopo aver disposto una consulenza tecnica d'ufficio in base alla quale il "il matching donatore-ricevente era rispettato per compatibilità antropometrica ed immunologica". Consulenza che ha stabilito, inoltre, "in un'ottica ex ante, che il donatore dell'organo cuore non presentava caratteristiche che controindicassero il prelievo" e che l'organo donato «risultava idoneo al trapianto» e che qualsiasi presunta anomalia non era rilevabile né strumentalmente né clinicamente.

Secondo gli esperti nominati dalla Procura, la morte del ricevente sarebbe dovuta a una "insufficienza d'organo primaria (...) tutt'altro che infrequente dopo un trapianto cardiaco", a cui si aggiungono altre concause, tra cui la sua età, il fatto che soffrisse da 30 anni di una forma di cardiopatia grave (dal 2015 era inserito nella lista di coloro che dovevano essere trapiantati) e il fatto che non sono emersi elementi che possano far escludere la morte qualora tempo di ischemia del cuore prelevato (l'arco di tempo in cui l'organo rimane isolato dall'apparato circolatorio) fosse stato inferiore alle 5 ore e 11 minuti rilevati (secondo la letteratura scientifica non bisogna superare le 4 ore).

I tecnici hanno in sostanza concluso che il "rischio di esito sfavorevole" dell'intervento era da considerarsi "standard e le anomalie riscontrate nel cuore del donatore potevano al più allertare gli operatori per un monitoraggio stretto post-trapianto, ma niente avrebbero potuto fare con l'insufficienza d'organo appalesatasi immediatamente dopo il trapianto". Pertanto il pm ha chiesto di archiviare l'indagine, trasferita dalla capitale a Milano, a carico dei 5 medici. Ora la parola passa al gip Anna Calabi. 

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