Tra albumine e digitale spunta il paesaggio

Le prime dal Fondo Antonetto di Fondazione Forma per la Fotografia accostate alle elaborazioni digitali dell’americano Bill Armstrong

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di Gian Marco Walch

Due fotografie di paesaggio, separate da oltre un secolo e mezzo. E dall’assenza o presenza del colore. Un Colosseo ripreso intorno al 1860 da Gioacchino Altobelli, nella classica tinta giallino pallido. E lo stesso anfiteatro, inquadrato un paio d’anni prima da Tommaso Cuccioni ma attraversato da strisce di colore, quasi un arcobaleno patriottico: opera di Bill Armstrong. Henri Cartier-Bresson, il mago della fotografia, definí un giorno il cinema “l’image d’après”, l’immagine che viene dopo, o la prossima immagine: quella che è complicato arrestare nello scorrimento di una sequenza, ma pure quella che aspettiamo, che sappiamo arriverà a completarla, quella sequenza, o magari a darle un senso. E Forma Meravigli ha rubato a Cartier- Bresson la felice formula “la prossima immagine” per intitolare il suo nuovo progetto espositivo, prodotto in collaborazione con Fondazione Forma e Contrasto Galleria, una serie di antiche e pregiate albumine dell’Ottocento poste a confronto con le moderne, praticamente nostre contemporanee, colorate elaborazioni digitali dell’americano Bill Armstrong. Appartiene alla storia della fotografia la stampa all’albumina. Sostituì magicamente il “dagherrotipo”, limitatissimo nel suo esemplare unico, pur se ricco di dettagli. E, insieme, il “calotipo”, che permetteva di ricavare da un negativo numerose stampe, ma appesantite dalla granulosità della carta. Fu merito di Louis Désiré Blanquart-Evrart l’introduzione della carta albuminata: quasi una ricetta culinaria, il solo albume dell’uovo addizionato al cloruro di sodio, il banale sale che insaporisce i cibi, e montato a neve. Una tecnica che, passando attraverso successivi miglioramenti, rimase in uso sino agli anni Venti del secolo scorso. Di fotografie all’albumina ne possiede un bel tesoretto il Fondo Antonetto, in deposito da Forma. E appunto Forma Meravigli, nelle sue sale al numero 5 dell’omonima via, ha allestito, sino al 18 dicembre, una suggestiva mostra di quelle immagini.

Come il ritratto del Duomo di Milano, più magnifico del solito nella sua solitudine, neppure l’ombra di un passante, tanto meno di un turista: una ripresa di tre quarti, datata 1880, opera di H. Deroche.

O una piazza della Scala, una romana Piramide Cestia, un Canal Grande inquadrato dall’Accademia. Per tornare a vedere il paesaggio nel sogno di una visione onirica.

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