Stupri e torture sui migranti in Libia: "E' lui". Ecco l'arresto a Milano / VIDEO

Il giovane fu arrestato inizialmente per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ma ora la sua posizione è nettamente peggiorata per l'accusa delle atrocità che avrebbe commesso

Osman Matammud, accusato di atrocità nei confronti dei migranti in Libia

Osman Matammud, accusato di atrocità nei confronti dei migranti in Libia

Milano, 18 gennaio 2017 - Violenze e abusi sessuali sui migranti in Libia: ecco l'arresto dell'aguzzino somalo che dirigeva, secondo le accuse, il centro di raccolta come un lager nazista. Le immagini risalgono allo scorso settembre, quando il giovane di 22 anni e' stato riconosciuto da due ragazze sue vittime di stupro, nell'hub di via Sammartini rischiando il linciaggio. Gli immigrati nel centro di Bani Walid dovevano pagare 7mila euro per arrivare in Europa e se i soldi non arrivavano erano violenze di ogni tipo: ossa rotte, scariche elettriche, torture con il fuoco e violenze sessuali erano all'ordine del giorno cosi come i lavori forzati per tutti. «Io non sono somalo, non sono musulmano, sono il tuo padrone», queste le parole che proferiva ai suoi malcapitati. Lui si sentiva «il tuo Dio» nel campo di prigiona. Una detenzione sadica che durava dai due ai sette mesi e chi restava per un anno veniva ucciso e il corpo lasciato in vista come monito. Nel primo frangente Osman Matammud, questo il nome dell'arrestato, è finito in carcere con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nei mesi successivi gli agenti della polizia locale, coordinati dal comandante Antonio Barbato, hanno scavato più a fondo. L'uomo e' ora a San Vittore con una nuova notifica di custodia cautelare accusato di omicidio per quattro casi, sequestro di persona a scopo di estorsione a centinaia e violenza sessuale su decine di donne. Una delle ragazzine che lo ha fatto fermare, stuprate e seviziate, ha dichiarato che anche il cugino del 22enne era un torturatore abituale. Negli atti dell'inchiesta, condotta dalla Polizia locale e coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm Marcello Tatangelo, sono contenuti i verbali e le denunce delle due ragazze somale e la loro 'odissea'. La giovane in questione sognava di raggiungere la Svezia. “In 40 anni di carriera non ho mai visto niente di simile”, ha commentato il magistrato Boccassini.

LA DIFESA - Nelle lettere dal carcere al suo avvocato d'ufficio, che fa scrivere ad un suo connazionale perché lui parla «solo un dialetto somalo», Osman Matammud racconta di non avere un soldo in tasca e soprattutto di non essere un torturatore, come descritto nelle carte dell'inchiesta. È quanto spiega il suo legale, l'avvocato Gianni Carlo Rossi, alla vigilia dell'interrogatorio di garanzia a San Vittore, davanti al gip Anna Magelli, fissato per domani mattina. È possibile che davanti al giudice l'uomo si avvalga della facoltà di non rispondere o neghi ancora l'accusa, come ha già fatto quando venne fermato a fine settembre per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (di ieri l'ordinanza con le accuse 'pesanti'). «Sto cercando di ottenere per lui il gratuito patrocinio - ha chiarito il difensore - perché non parla una parola di italiano e solo così potrò parlare con lui in carcere con un interprete». Quello che è chiaro, però, secondo il legale, «è che la persona che viene descritta negli atti, con accuse che sono pazzesche e devastanti, stride con lui che, prima di tutto, non ha un soldo, non può permettersi un avvocato di fiducia, cosa strana per un trafficante di uomini».

Per ora Matammud ha ottenuto il gratuito patrocinio per il primo procedimento, ancora in fase di indagini (il pm è Luca Gaglio), sul favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. E ha sostenuto, come chiarito dal legale, di aver sì litigato davanti alla stazione Centrale con alcuni somali ma di «non c'entrare nulla con le violenze e le torture». Anche lui «dice di essere arrivato in Italia su un barcone e che se avesse fatto quello che gli viene contestato non sarebbe certo arrivato a Milano, dove invece bivaccava, come gli altri profughi, davanti alla stazione». L'uomo racconta, inoltre, come ha aggiunto il legale, «che in Somalia gli hanno ammazzato i genitori». Contro di lui, secondo la difesa, ci sono solo «le parole dei suoi accusatori, questo sarà un processo difficile, ma che potrà finire soltanto, date le accuse, o con l'assoluzione o con l'ergastolo».

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