Omicidio Pavani, per uccidere si informò in rete: "La premeditazione c’è"

Milano, aggravante negata in primo grado: la procura generale ricorre

Tiziana Pavani

Tiziana Pavani

Milano, 1 dicembre 2017 - Aveva ucciso a bottigliate la compagna, a Milano lo scorso gennaio. Lo aveva fatto dopo aver cercato su Internet un sistema pratico per ammazzare al primo colpo. Ma nel processo di primo grado non gli era stata riconosciuta l’aggravante della premeditazione. Un caso, quello di Luca Raimondo Marcarelli, che ora sarà riesaminato in secondo grado.

È stata la Procura generale, ieri, a ribaltare l’esito quasi scontato della vicenda, accettando l’istanza della parte civile a presentare appello. Vent’anni di condanna in abbreviato in primo grado per un femminicidio consumato con malvagità: inaccettabile per i cugini e per il loro avvocato Arianna Leonardi. Una morte orrenda quella di Tiziana Pavani, 54 anni, segretaria in un asilo di Baggio. La testa spaccata a bottigliate dal compagno saltuario di 32 anni, con grossi problemi di droga. Nella sentenza di primo grado non era stata riconosciuta l’aggravante della premeditazione, nonostante una relazione della polizia postale che certificava le ricerche su Internet dall’imputato, qualche giorno prima dell’omicidio. Marcarelli, disoccupato, dal pc della casa dei genitori aveva cercato su Google: «come si uccide una donna con un colpo solo». E ancora: «Come faccio a fare sparire le prove?».Lui aveva tentato anche di far esplodere la casa lasciando aperto il gas. Anna Giorgi

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