Tifoso ucciso prima di Inter-Napoli: fu omicidio volontario

La Procura chiede il processo per Fabio Manduca che il 26 dicembre del 2018 travolse e uccise con il suv il tifoso nerazzurro

Gli scontri fra ultras e Daniele Belardinelli

Gli scontri fra ultras e Daniele Belardinelli

Milano, 22 settembre 2020 -  Fabio Manduca voleva uccidere il tifoso nerazzurro Daniele Belardinelli. Ne sono convinti gli investigatori della Procura che hanno chiesto il processo con l’accusa di omicidio volontario per l’ultrà napoletano di 40 anni arrestato il 18 ottobre del 2019 per aver travolto e ucciso col suo suv, Belardinelli, ultrà del Varese. É il 26 dicembre del 2018, siamo in via Novara, sono le 20.30 è buio e c’è molta nebbia quella sera, quando iniziano gli scontri prima della partita Inter- Napoli. Una rissa molto violenta, spuntano le armi, i fumogeni, e poi la caduta di Belardinelli, il suo arrotamento e i compagni tifosi che lo portano al Pronto Soccorso del San Carlo (e se ne vanno subito) solo dopo una ventina di minuti dal suo investimento.

Ieri il procuratore aggiunto Letizia Mannella e i pm Michela Bordieri e Rosaria Stagnaro hanno confermato nell’istanza di rinvio a giudizio l’accusa di omicidio volontario per la quale Manduca era stato arrestato su ordinanza del gip Guido Salvini. Accusa rafforzata sia da una decisione del Tribunale del Riesame che da un’importante consulenza tecnica firmata da diversi esperti, tra cui la nota anatomopatologa Cristina Cattaneo. Dalle 126 pagine della relazione emerge che, grazie al recupero di alcuni pezzi di vetro che erano nel giubbotto della vittima, si è potuto stabilire che Belardinelli, dopo aveva assunto cocaina e bevuto, nella prima fase della "guerriglia" ha colpito il finestrino di un furgone Ford Transit, guidato da alcuni ultrà napoletani, con un bastone o qualcosa di simile e nel fare questo, ha poi perso l’equilibrio ed è caduto a terra, rompendosi una clavicola. Per la precisione l’ultrà avrebbe lasciato il braccio per qualche secondo all’interno del furgone, proprio mentre questo cercava di ripartire, perdendo così l’equilibrio. A quel punto, Manduca, che con la sua Renault Kadjar seguiva il Ford Transit, pur vedendolo a terra ha accelerato e ha quindi lo ha volontarimente schiacciato. "Il corpo del Belardinelli, già a terra - scrivono i consulenti - probabilmente prono e con la fronte appoggiata sul tombino del manto stradale, è stato quindi sorpassato dalla Renault".

Di quest’ultima circostanza c’è ulteriore prova, definitiva secondo gli esperti, "in una traccia di sigillante -si legge nella relazione della Cattaneo - che è stato trovato sempre sul giubbotto della vittima e che è quello utilizzato dal costruttore per il pianale inferiore della Renault Kadjar". L’arrotamento è avvenuto in corrispondenza del bacino di Belardinelli e tale ricostruzione è "supportata dai riscontri merceologici dei Ris, che hanno identificato sul giubbotto del Belardinelli (in corrispondenza dell’anca destra e sul polsino destro) tracce riconducibili rispettivamente ai materiali che si trovano nella Renault Kadjar". Le condizioni di Belardinelli si sono poi aggravate nei minuti successivi all’incidente perché, nonostante le frattura all bacino, è stato sollevato mani e piedi dai suoi compagni e trascinato a lungo. Belardinelli, ancora cosciente, fu portato prima lontano dalla strada a adagiato su un m arciapiede di via Novara, di nuovo sollevato e appoggiato nel sedile posteriore dell’auto a bordo della quale è arrivato al Pronto Soccorso del San Carlo.

"Risulta, tuttavia, difficile immaginare - si legge ancora nella consulenza - che gente priva di competenze mediche potesse immaginare l’entità delle lesioni pelviche e i possibili gravi effetti negativi prodotti da un’inadeguata mobilizzazione del corpo". Belardinelli morirà dopo nove ore di agonia. Non è ancora stata fissata la data dell’udienza preliminare che si terrà davanti al gip Ottone De Marchi.

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