La Milano degli anni di piombo e quella paura di uscire la sera

Il ritratto di una metropoli buia e cupa. E i timori che ritornano di MARIO CONSANI

Piazza Duomo la mattina dell’uccisione di Aldo Moro

Piazza Duomo la mattina dell’uccisione di Aldo Moro

Milano, 21 novembre 2015 - Era una paura di tipo diverso. Ma l’atmosfera era cupa, in quei lontani anni ’70. Milano non aveva ancora superato lo choc della bomba di piazza Fontana, imperversavano le nascenti Brigate rosse e poi anche i Nar, Nuclei armati rivoluzionari dell’estrema destra. I milanesi avevano quasi il terrore di uscire di casa la sera, anche perché la malavita organizzata impazzava per le strade. Prima che la banda Vallanzasca e quella di Turatello venissero a patti, i loro soldati si sparavano addosso dovunque, anche in piazza Duomo. E la gente normale stava rintanata, i ristoranti mezzi vuoti come i cinema e sempre a rischio rapina, gli uni come gli altri. Agli inizi degli anni ’70, in piena crisi economica legata all’austerity petrolifera, era esploso anche il fenomeno dei sequestri di persona a scopo di estorsione. Solo in città e provincia, in meno di un decennio furono almeno 150, un numero impressionante, gestiti per lo più dalla ’ndrangheta, talora con l’appoggio entusiasta delle bande locali. E quando la polizia cominciò a interpretare il fenomeno, a capirne i meccanismi, la malavita organizzata aveva già cambiato obiettivi, reinvestendo il denaro sporco nel mercato della droga con il boom dell’eroina.

Milano era buia, ripiegata su se stessa, non riusciva a ritrovare il bandolo della matassa. Oltre al terrorismo nascente e alla malavita dilagante, quelli erano anche gli anni degli scontri politici tra giovani di destra e di sinistra, prima con le spranghe e poi con le pistole. Una sorta di guerra civile che lasciò anche in città una lunga scia di sangue. Nel ’75 viene massacrato a colpi di chiave inglese sulla testa Sergio Ramelli, 19 anni, studente di destra. Esattamente un anno dopo tocca al consigliere provinciale del Msi Enrico Pedenovi, ucciso per strada a pistolettate, mentre era in macchina fermo a un semaforo. Sull’altro fronte, sempre nel ’75, cade Giannino Zibecchi, investito da una camionetta dei carabinieri durante una manifestazione. E l’anno dopo lo studente Gaetano Amoroso, 21 anni, ucciso da un commando di sanbabilini. Lo  mstesso gruppo aveva ammazzato, nel ’75, lo studente di sinistra Alberto Brasili, colpevole di aver staccato un manifesto del Msi in piazza San Babila. Poche settimane prima, in piazza Cavour, per mano del neofascista Antonio Braggion era caduto 17enne di sinistra Claudio Varalli. L’anno 1977 diventerà l’emblema degli anni di piombo, con la foto del ragazzo col passamontagna in via De Amicis, gambe piegate e braccia tese, che spara contro gli agenti. Dalla pistola di un suo compagno partì il proiettile che tolse la vita ad un altro ragazzo, questo venuto dal sud, il vice brigadiere Antonio Custra. E di lì a due settimane sarebbe caduto, colpito alle gambe dalle Br, Indro Montanelli e pochi mesi dopo sarebbe andata peggio a due ragazzi del Leoncavallo, Lorenzo Iannucci e Fausto Tinelli, per tutti Fausto e Iaio. I loro killer, quasi 40 anni dopo, non hanno ancora un nome e un volto. Era il 18 marzo del ’78. Due giorni prima, in via Fani, a Roma, era stato rapito Aldo Moro.

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