Terrorismo, padre manteneva il figlio foreign fighter in Siria: arrestati entrambi

Nelle intercettazioni il genitore si diceva orgoglioso di avere un martire in famiglia

Saged in un combattimento

Saged in un combattimento

Milano, 26 gennaio 2018 - Due egiziani di 51 e 23 anni, padre e figlio, sono stati arrestati con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo. La Digos della Questura di Milano, con la Digos di Como,nell'ambito dell'operazione "talis pater", ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per i due, che sono residenti in provincia di Como. Con provvedimento del Ministro dell'Interno sarà rimpatriata, per motivi di sicurezza pubblica, anche la moglie e madre, cittadina marocchina 45enne.

Una famiglia modesta, padre ex saldatore, è un ex mujaheddin che ha combattuto in Bosnia e ha stimolato in ogni modo il figlio maggiore Saged Sayed Fayek Shebl Ahmed, di 23 anni, affinché diventasse un combattente di un gruppo legato ad Al Nusra, denominato Harakat Nour al-Din al-Zenki. È riuscito a convincerlo a partire per la Siria sottolineando l'orgoglio di aver un martire in casa.  Una famiglia completamente votata al terrorismo. La descrive così il magistrato Alberto Nobili: "Inviavano al figlio 200 euro al mese per il suo mantenimento in Siria". La famiglia denigrava invece il figlio minore "chiamandolo 'cane' perché frequentava ragazze occidentali". "Tu vivi nel peccato, nel peccato. Basta che stai vivendo con una sporca", diceva l'uomo al secondogenito, "colpevole" dal suo punto di vista, di "vivere con un'italiana" ed essere integrato nel nostro Paese. A fronte del "fallimento" con quest'ultimo, in una intercettazione il padre dice di essere orgoglioso del maggiore che combatte in Siria, e che la sua scelta "gli varrà mille ore di preghiera". La terza figlia, una donna, veniva indotta anche lei a svilupparsi nell'ambito della legge islamica. Nonostante il ferimento grave del giovane in battaglia, anche la madre era convinta che lui dovesse rimanere lì a combattere, secondo quanto riportato dagli inquirenti. 

E' stato grazie ad una microspia che il padre si è tradito. In una intercettazione, parlando del figlio combattente in Siria, dice: "Se torna in Italia rischia 15 anni di carcere". Secondo quanto riferito dagli investigatori lo stesso padre era intimorito dalla quantità di video e foto postate sui social, immagini anche cruente della guerra che stava combattendo. Una prima volta dunque si era recato alla Digos di Como raccontando di "non sapere cosa fare" e di temere che la scelta del figlio maggiore si ripercuotesse anche sul più piccolo. Dichiarazioni completamente false, visto che nelle intercettazioni invece si diceva orgoglioso. Ad alcuni amici il padre aveva confessato: "sono stato costretto a fare questa sceneggiata (con la polizia) per salvarmi la schiena".

Una seconda volta, poi, sempre alla Digos aveva raccontato che, in Siria era stato assunto come interprete nella gestione di un ostaggio italiano sequestrato nelle zone interessate. In effetti il giovane è stato "utilizzato da interprete nelle conversazioni" tra Fabrizio Pozzobon, l'idraulico veneto ed ex consigliere leghista sparito dopo essere partito per la Siria e forse arruolatosi nell'Isis e i suoi "rapitori", i miliziani di Assad. Lo si legge nel provvedimento del gip Carlo Ottone de Marchi che, citando la vicenda, ha voluto attestare "l'inserimento di Saged nel circuito terroristico internazionale, essendo egli conosciuto e fidato, tanto da fungere da interprete" nel caso dell'artigiano scomparso.

Il padre è già trova in carcere mentre il figlio, colpito dal mandato d'arresto, è attualmente in Siria. 

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