Milano, 15 aprile 2019 - Dieci anni di battaglia legale per un’ingiunzione da 58,88 euro. Soldi che Telecom Italia spa proprio non voleva versare alla Regione, nonostante l’esiguità dell’esborso. E alla fine, dopo un decennio di carte bollate, il colosso delle telecomunicazioni l’ha spuntata in Cassazione: i giudici hanno dichiarato «non dovuta la somma ingiunta» e condannato Palazzo Lombardia a versare 1.910 euro di spese processuali e altri 426,49 euro di spese forfettarie.
Ripartiamo dall’inizio. Il 9 gennaio 2009, la Regione chiede alla Telecom il versamento di 58,88 euro a titolo di canone regionale di polizia idraulica per il 2005: si tratta del contributo imposto agli operatori «le cui linee telefoniche attraversano i beni immobili pubblici costituenti il cosiddetto reticolo idraulico», vale a dire le aree che rientrano nel demanio idrico fluviale e nelle immediate vicinanze dei corsi d’acqua.
La società TLC impugna l’ingiunzione, ma nel 2011 il Tribunale ne respinge il ricorso. Lo stesso succede nel 2014 in Corte d’Appello: in quel caso, i giudici affermano che «i cavi e le strutture che occupano aree del demanio fluviale in regime di concessione» sono soggetti al canone, «il cui introito e la cui determinazione» sono delegati alle Regioni. Telecom non si arrende e si rivolge alla Cassazione. Giovedì il ribaltone: la Suprema Corte ha accolto l’istanza dell’azienda, decidendo nel merito di annullare l’ingiunzione, «poiché – si legge nelle motivazioni – non sono necessari ulteriori accertamenti e valutazioni di fatto».
Seguendo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, i giudici hanno precisato che «l’attraversamento del demanio idrico, gestito dalle Regioni, da parte di infrastrutture di comunicazione elettronica non è soggetto al pagamento di oneri o canoni» che non siano previsti dal Codice delle comunicazioni elettroniche, introdotto nel 2003. E il motivo è spiegato proprio nel testo del Codice: i contributi per le società di comunicazioni devono essere «trasparenti, non discriminatori, obiettivamente giustificati e proporzionati allo scopo», in modo da «limitare gli effetti distorsivi della concorrenza». Conseguenza: «Sono illegittimi, e vanno disapplicati, gli atti amministrativi (nella specie delibere della Giunta regionale) che prevedano il pagamento di canoni per l’attraversamento del demanio idrico da parte di infrastrutture di telecomunicazione».
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