Inchiesta tangenti in sanità: "L’istituto Pini era un colabrodo"

La difesa della direttrice Navone. Sotto torchio anche Drago

Paola Navone, ex direttore sanitario dell’istituto Pini

Paola Navone, ex direttore sanitario dell’istituto Pini

Milano, 15 aprile 2018 - Sullo scandalo tangenti e sanità, ieri in tribunale per gli interrogatori sono sfilati Paola Navone, direttore sanitario del Cto-Pini e di Lorenzo Drago, capo dell’unità di chirurgia ricostruttiva dell’ospedale Galeazzi. Interrogatori durati entrambi qualche ora e non privi di momenti di grande tensione. Un ospedale «colabrodo», il Pini, prima del suo arrivo, ha chiarito subito il direttore Navone. «Prima del gennaio 2016 quell’ospedale era un colabrodo e sugli acquisti regnava l’anarchia – rincara la dose il suo difensore, l’avvocato Piero Magri –. Lei sin da subito si è attivata per fare rispettare le procedure, dopo la fusione tra il Cto e il Gaetano Pini, e per questo ha iniziato a dare fastidio». L’inchiesta dei procuratori aggiunti Eugenio Fusco e Letizia Mannella ha portato all’emissione di misure cautelari, oltre che per la Navone, per l’imprenditore Tommaso Brenicci (in carcere), per i due chirurghi ortopedici Giorgio Maria Calori e Carmine Cucciniello e per due primari dell’ospedale Galeazzi. Il legale ha riferito poi che la sua assistita, oltre ad avere risposto in modo dettagliato alle domande del giudice nel corso di un interrogatorio «molto teso», da circa «un anno chiedeva di essere ascoltata».

Risale infatti al maggio 2017 la querela depositata al pm Eugenio Fusco (titolare anche della indagine sulle sponsorizzazioni in cambio di tangenti al Cto-Pini, che portò successivamente all’arresto del primario Norberto Confalonieri) e finita sul tavolo del gip De Pascale, che la Navone aveva presentato dopo un esposto arrivato al Pini intorno al 14 febbraio 2017, in cui si parlava genericamente di «spartizione di soldi pubblici» in modo clientelare, «grazie alle coperture politiche di alcuni primari e universitari e con la complicità del direttore sanitario aziendale che accettava regalie».

«La Navone aveva chiesto subita o di essere sentita proprio perché c’era questa lettera – ha spiegato il legale – ma non è mai stata ascoltata». Lettera che è stata anche depositata ieri mattina dalla difesa della manager, la quale - ha tenuto a sottolineare l’avvocato Magri - «non si occupava degli acquisti e delle forniture del Pini-Cto e ha sempre agito per il bene dei pazienti. La mia assistita partiva da una situazione complicata, ha cercato di impostare nuove regole e nuove procedure a fronte di un ospedale che aveva dei grossi problemi. Appena è arrivato l’esposto anonimo dove si parla di corruzione lei è corsa in Procura e ha sporto una querela per diffamazione. Era parte lesa. Nessuno però l’ha mai sentita».

È giocata invece sulla differenza tra conflitto di interessi e convergenza di interessi la difesa di Lorenzo Drago. «Solo una convergenza tra l’interesse dell’autore di una invenzione e quello dei pazienti e del sistema sanitario nazionale, a cui ha consentito di risparmiare con una tecnologia all’avanguardia». Lo ha detto l’avvocato Claudio Schiaffino, difensore di Lorenzo Drago, finito agli arresti domiciliari martedì scorso. Drago, con Carlo Luca Romanò (anche lui agli arresti domiciliari, insieme alla direttrice sanitaria del Cto-Pini Paola Navone e ai due chirurghi Giorgio Maria Calori e Carmine Cucciniello) è infatti detentore del brevetto di una tecnologia per individuare le infezioni ossee commercializzata nell’ospedale Galeazzi da una società, di cui entrambi detengono delle quote, riconducibile all’imprenditore Tommaso Brenicci, in carcere da martedì scorso. Il legale ha poi spiegato che il suo assistito «ha risposto a tutte le domande del giudice e ha ricostruito integralmente la vicenda».

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