Tangenti in Lombardia, rotto il muro di silenzio: prime ammissioni di un imprenditore

Spunta il nome di Lara Comi. Sentita anche l'ex di Matteo Salvini

Il palazzo di giustizia di Milano

Il palazzo di giustizia di Milano

Milano, 10 maggio 2019 - Il primo a entrare negli uffici della Direzione distrettuale antimafia di Milano, ieri mattina, è stato Ciro Calemme, l’esponente varesino di Forza Italia che in una conversazione intercettata dai pm l’8 marzo dell’anno scorso raccoglieva le vanterie del “burattinaio” Nino Caianiello: «Io faccio il sole e la terra che gira intorno». Per quasi quattro ore gli inquirenti, nell’ambito dell’inchiesta che ha scoperchiato un presunto giro di mazzette, appalti pilotati, infiltrazioni della ’ndrangheta e un sistema di potere «feudale» tra Varese e Milano, hanno ascoltato il politico che fu amministratore di Aspem Reti, la società controllata dal Comune di Varese che gestisce gas e risorse idriche, nominato responsabile tesseramento nell’ultimo riassetto del partito sul territorio. Poi è arrivato il turno di un imprenditore, con interessi in una società partecipata del Varesotto, che si è presentato in Procura accompagnato dal suo legale. Ha rotto il muro di silenzio e ha ammesso le proprie responsabilità.

Per le sue dichiarazioni auto-accusatorie e «utili alle indagini», l’uomo, inizialmente convocato come testimone, è stato indagato per corruzione. Ieri è stata ascoltata, tra gli altri testi, anche Giulia Martinelli, ex compagna di Matteo Salvini e capo segreteria del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, nel filone di indagine in cui il governatore risponde di abuso d’ufficio per un incarico in Regione all’avvocato Luca Marsico, suo ex socio di studio e consigliere regionale di FI nella scorsa legislatura, rimasto fuori dal Pirellone dopo le ultime elezioni. Caianiello, in una conversazione intercettata, definisce la ex del ministro dell’Interno una «cacacazzi», parlando del «golpe» fallito per far entrare Marsico nell’organismo di vigilanza della Milano-Serravalle. Rapporti e manovre al centro dell’inchiesta coordinata dal capo della Dda di Milano Alessandra Dolci e dai pm Silvia Bonardi, Adriano Scudieri e Luigi Furno, che ha portato a 43 misure cautelari a carico, tra gli altri, del consigliere comunale dimissionario di FI Pietro Tatarella e del consigliere regionale Fabio Altitonante, che ieri ha rimesso la delega a sottosegretario all’area Expo.

Tra i contratti sotto la lente c’è anche la consulenza che «una società riconducibile a Lara Comi», eurodeputata e coordinatrice provinciale di Fi a Varese (in una nota si è proclamata estranea ai fatti), attraverso Caianiello avrebbe ottenuto con Afol Metropolitana, per «un totale di 38.000 euro». Accertamenti anche su una consulenza da ottomila euro che Fnm avrebbe affidato a Luca Marsico e sul giro di denaro transitato sul conto corrente dell’associazione “Agorà - Liberi e Forti”, fondata da Caianiello, che ha come vicepresidente Ciro Calemme, il politico ascoltato ieri dagli inquirenti. Le presunte tangenti, infatti, sarebbero state versate anche sotto forma di donazioni all’associazione, corrente di Forza Italia sul territorio, in possesso di un “pacchetto di voti” in grado di condizionare carriere politiche. Soldi che secondo le accuse venivano consegnati anche in contanti all’interno dell’Haus Garden Cafe di Gallarate, «l’ambulatorio» di Caianiello, dove quasi ogni giorno l’esponente di FI originario della Campania riceveva imprenditori, politici e faccendieri.

Nelle richiesta di custodia cautelare della Dda di Milano viene ripercorsa anche una conversazione tra Calemme e Caianiello, nella quale si parla di 20.000 euro che Marco Marcora, imprenditore tessile dell’Altomilanese neofita della politica, avrebbe consegnato a Silvio Berlusconi per finanziare FI: «Nino (Caianiello, ndr) dice che deve girargli il numero di Marco Marcora che sarebbe quello che alla cena di Berlusconi ha messo 20.000 euro in mano a Berlusconi e che hanno candidato nella lista Fontana», annotano gli inquirenti. Marcora, che in un’intervista spiegava di aver deciso di candidarsi accogliendo la proposta fatta da Berlusconi nel corso di una cena ad Arcore con altri imprenditori, poi non è riuscito a entrare al Pirellone.

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro