Milano, tangenti sulle dentiere Wisil: le intercettazioni e i soldi

La titolare dell’azienda di dentiere, da ieri agli arresti per corruzione, voleva intimidire l’ex collaboratrice che dopo il licenziamento è andata in Procura a raccontare i metodi usati in azienda con alcuni medici

"Perché non facciamo una bella delegazione e andiamo sotto casa? (...) se avessi ancora qua con me il mio ex marito faremmo così (...) Poi i bambini usciranno dall’asilo, da scuola (...) I cuccioli almeno si possono spaventare". Non l’aveva presa benissimo Roberta Micciché, 58 anni, titolare della Wisil Latoor srl, azienda leader nella fornitura di protesi dentarie a cliniche e ospedali. Intercettata in ufficio mentre parlava ai collaboratori, ce l’aveva con l’ex dipendente che dopo il licenziamento era andata in procura a raccontare come la società ripagasse con soldi e favori alcuni medici compiacenti verso le dentiere Wisil. Era quella donna che Micciché voleva spaventare, dopo che in ufficio le si era presentata la Finanza a sequestrare i computer. Inutili i tentativi dei suoi più stretti collaboratori (due dei quali dai ieri agli arresti domiciliari come lei) di farla ragionare. "Ai cuccioli non ci si fa del male... Però, però... Si può spaventare la mamma" insisteva Micciché.

Non era l’unico “rimedio“, fra l’altro, che la manager aveva in mente per tentare di rallentare l’inchiesta che, l’aveva capito, avrebbe potuto travolgerla ("... se non vado a San Vittore..." diceva al telefono). "È emerso", scrive il gip Carlo Ottone De Marchi nel provvedimento cautelare, che insieme a un collaboratore stavano "predisponendo una missiva da recapitare in una busta bianca a persona non meglio identificata", al cui interno avevano però inserito i nominativi del magistrato titolare dell’inchiesta e dei finanzieri intervenuti. "Allo stato le finalità di tali azioni risultano ignote", ammette il giudice, che però ricorda come sia agli atti che spesso Micciché si era rivolta per varie faccende a un’agenzia di investigazione privata: aveva forse in mente di spiare gli investigatori?

Cero è che, parlandone con i collaboratori, l’imprenditrice rivendicava una tradizione di famiglia nel trattare con i guanti di velluto e non a mani vuote certi medici compiacenti. "Questa è tutta una bella eredità di “Niglio“ (il soprannome del marito defunto, ex amministratore Wisil, ndr.) che chiaramente aveva istituito tutto un suo... stratagemma di cose, io mi sono attenuta...". Un sistema che evidentemente, osserva il giudice De Marchi "è stato ideato negli anni ’90" dal marito poi defunto "e portato avanti dalla Micciché".

Protagonista indiscusso di queste relazioni particolari era, secondo la procura, il dottor Gianfranco Colella, dentista presso l’ospedale di Sant’Angelo Lodigiano, ribattezzato dal gruppo Wisil "l’imperatore", e che solo negli ultimi anni, stando all’accusa, avrebbe fatto una cresta sulle forniture di dentiere per quasi 100mila euro. Sarebbe, a detta dei vertici aziendali, il medico che più si sarebbe impegnato nello sforzo (ripagato con percentuale del 10 per cento) di far acquistare ai suoi pazienti le dentiere Wisil. "Vuole sempre avere l’attenzione come un imperatore... Cioè è per quello che gli abbiamo dato quel soprannome, mica perché chissà che cosa eh...", spiegava uno della ditta a un collega meno esperto.

Agli atti dell’indagine c’è anche la documentazione fotografica di quella che il gip De Marchi definisce "la consegna della tangente" al dottor Colella da parte di un collaboratore della Micciché, pedinato da casa fino al parcheggio dell’ospedale lodigiano dove lavora "l’imperatore" recando con sé, in auto, una borsa e dei sacchetti che poi passano di mano con il loro contenuto di banconote. Il tutto sotto l’occhio indiscreto delle videocamere degli inquirenti.

 

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