Tangenti in Lombardia, spunta 'pizzino': 10mila euro a Tatarella

L'appunto è stato sequestrato nel portafogli di Nino Caianiello. Proprio lui, presunto 'burattinaio' del sistema si difende: "Operazioni lecite e soldi per Forza Italia"

Pietro Tatarella Nino Caianiello

Pietro Tatarella Nino Caianiello

Milano, 29 maggio 2019 –  Nell'inchiesta della Dda di Milano con al centro un sistema di corruzione, appalti pilotati e finanziamenti illeciti ai partiti spunta un pizzino in cui si parla dei 10mila euro versati dalla Ecol Service di Daniele D'Alfonso a Pietro Tatarella per la sua candidatura alle Europee per Forza Italia. L'appunto manoscritto, che compare fotografato negli atti dell'indagine, è stato sequestrato lo scorso 7 maggio nel portafogli di Gioacchino Caianiello, l'influente politico azzurro in Lombardia ritenuto dalla Procura il 'burattinaio' del sistema. 

L''operazione Tatarella', come viene definita negli atti, pare essere un nuovo capitolo dei finanziamenti illeciti in quanto viene discussa all'Haus Garden Cafè di Gallarate lo scorso 24 aprile, poco più di un paio di settimane prima degli arresti. Come si legge nell'atto, Caianiello parla con Mauro Tolbar, titolare di una ditta di consulenze e ritenuto dagli inquirenti uno dei "collettori di tangenti", e, tra l'altro, "si accordano - si legge nel documento - in relazione a un probabile finanziamento illecito della campagna elettorale» di Tatarella. "In particolare Tolbar mostra a Nino dei fogli relativi a una richiesta che quest'ultimo gli aveva avanzato e propone di mantenere le stesse condizioni della precedente operazione». Nella ricostruzione degli inquirenti - basata sulle intercettazioni riportate nell'atto - in riferimento ai fogli "uguali" che Tolbar sta mostrando, si precisa che sarebbero «relativi ad un incarico evidentemente fittizio, uno di quali dovrà essere formato da un terzo soggetto e riconsegnato a Tolbar, unitamente al codice utile all'emissione della fattura elettronica"

Proprio Caianiello  attraverso il suo avvocato, Tiberio Massironi, si è difeso affermando di non aver mai preso "soldi in modo illecito" e che il denaro raccolto durante la sua attività politica "lo ha messo in Agorà, un'associazione culturale legata a Forza Italia e nel partito". Il legale ha chiarito che Caianiello "non è un 'burattinaio' di illeciti, ma uno che ha sempre avuto una capacità politica, che parlava coi vertici di Forza Italia ed era in grado di muovere voti", malgrado una condanna definitiva per concussione e il fatto che non avesse più ruoli formali nel partito (era stato coordinatore di FI a Varese e per i pm lo era ancora "di fatto").

Caianiello, ha spiegato ancora l'avvocato, ripete in carcere che investigatori e inquirenti, che stanno facendo accertamenti su presunti 'fondi nerì nascosti e a lui riconducibili, "non troveranno un solo euro, anche all'estero, oltre ai conti da poche migliaia di euro sequestrati" e sostiene che ciò che ha raccolto in modo lecito "è andato ad Agorà e al partito". E poi il legale ha aggiunto: "Vedremo cosa c'è di documentabile, cosa è stato registrato, bisogna attendere e avere la pazienza di smontare le accuse". E ancora: "Caianiello non ammette di aver ricevuto denaro illecito da alcuno, lui ha sempre creduto di muoversi in un universo lecito, lui già 40 anni fa nel contesto di Gallarate (Varese) aveva una ricevitoria del Lotto e riceveva le persone che avevano un bisogno, una necessità". Il legale ha spiegato ancora che lo stesso presunto "grande manovratore" del sistema vuole rendere interrogatorio davanti ai pm "per spiegare tutto". Lo stesso difensore ha chiarito che tra le varie questioni sollevate davanti al Riesame "ce ne è una sull'origine e sull'inutilizzabilità delle intercettazioni partite da Busto Arsizio" e, poi, che se i giudici accoglieranno la questione della competenza territoriale "crollerà" tutta l'indagine, a partire dalle intercettazioni. In più, l'accusa di essere il vertice di un'associazione a delinquere, per la difesa, è "generica e non specificata".

Intanto, nella maxi indagine che vede oltre 100 indagati a Lara Comi, oltre al finanziamento illecito e alla corruzione, è stata contestata anche una nuova accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni del Parlamento europeo

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