SIMONA BALLATORE
Cronaca

Studenti ebrei, l’appello: "Basta paura in università"

L’evento dell’Ugei con i gruppi di destra e la contestazione dei ProPal. I racconti del viaggio negli atenei israeliani. Sfuma l’idea di un confronto.

L’evento dell’Ugei con i gruppi di destra e la contestazione dei ProPal. I racconti del viaggio negli atenei israeliani. Sfuma l’idea di un confronto.

L’evento dell’Ugei con i gruppi di destra e la contestazione dei ProPal. I racconti del viaggio negli atenei israeliani. Sfuma l’idea di un confronto.

"Vogliamo studiare": il titolo dell’iniziativa, promossa ieri pomeriggio da Studenti per Israele, Studenti per la Libertà, Siamo Futuro e Unione Giovani ebrei d’Italia alla Statale di Milano. Ma è ancora muro contro muro. In aula i promotori, alcuni esponenti della comunità ebraica e un gruppetto di giovani, fuori dall’aula una trentina di studenti di Cambiare Rotta e Rete della conoscenza con lo striscione: "Anche i palestinesi vogliono studiare". In mezzo la Digos e il direttore generale dell’ateneo che spiega che è stata raggiunta la capienza massima dell’aula. "Ma se di solito facciamo lezioni a terra e nessuno parla di capienza?", protestano gli esclusi. "È il primo evento che organizziamo all’università – premette Pietro Balzano, autore del Manifesto nazionale per il diritto allo studio –. Per questo ateneo è stato un anno pieno di avvenimenti: occupazione, vandalismo e aggressioni, avvenute nello stesso corridoio dove siamo passati per venire qui. Ci siamo riuniti perché questa cosa non ci può andare bene, non solo come studenti, ma come cittadini. Deve essere garantito a tutti un dibattito pubblico, alla pari. Senza paura".

Filippo Leon di “Siamo Futuro“, gruppo vicino alla Lega, racconta del viaggio di una delegazione di studenti a Israele - dal 12 al 16 gennaio - mentre alle spalle scorrono le foto anche della Reichman University e di Ariel, finite al centro del dibattito sugli accordi internazionali: "Siamo andati per smentire le bugie, non c’è l’apartheid. Anche alla Sapir University, a ridosso della Striscia di Gaza, abbiamo incontrato studentesse beduine che almeno lì possono studiare". In corridoio, intanto, partono i cori: "Fuori i sionisti dall’università". "Sarebbe bello che potessero entrare qui a confrontarsi pacificamente", dicono da dentro. "Non ci fanno entrare, chiudono le porte": ribattono da fuori. "Da 15 mesi il pretesto della lotta in difesa della Palestina è stato sempre un modo per creare un clima ostile per gli studenti ebrei e israeliani, cercando di ostacolare chi ha un pensiero diverso dalla loro narrativa", commenta David Fiorentini dell’Unione dei giovani ebrei d’Italia. Una dipendente della Statale prende la parola: "Ho subìto direttamente il 7 ottobre perché persone troppo vicine a me erano lì: ho tremato di paura. Pochi giorni dopo ho tremato di rabbia per tutte le cose che ho visto e sentito qui. Ci vogliono eventi come questi, vi ringrazio. E, ironicamente, ringrazio anche gli studenti fuori per le loro urla: almeno ho trovato l’aula facilmente". "Per fortuna ci sono le forze dell’ordine che ci hanno permesso di svolgere questa manifestazione in maniera serena – ha ribadito il vicepresidente della Comunità ebraica di Milano, Ilan Boni –. Sicuramente l’ambiente delle università non è più tanto sicuro come lo era prima. Si tratta però di una minoranza che fa molto rumore, poi c’è una grande maggioranza che ha voglia di studiare e di dire le proprie opinioni liberamente". "La commissione comunale contro l’odio inizi il proprio lavoro dalla Statale – chiede Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano -. Se non c’è spazio per idee democratiche e liberali in università, la cultura intera è a rischio". La giornata si chiude con un timido tentativo di dialogo per organizzare un secondo dibattito, congiunto, che sfuma. Almeno per ora.